LeScienze.it 25 aprile 2019
Le minuscole varianti che influenzano l'ereditarietà dell'altezza
Basta guardare una famiglia per vedere che l'altezza è ereditaria, e studi sulle famiglie e su gemelli identici l'hanno confermato da tempo indicando che l'80 per cento circa della variabilità dell’altezza dipende dalla genetica. Ma da quando il genoma umano è stato sequenziato, quasi due decenni fa, i ricercatori hanno lottato per identificare con precisione i fattori genetici responsabili.
Le ricerche sui geni che controllano l'altezza hanno individuato centinaia di varianti geniche comuni legate a questo tratto, ma i loro risultati hanno anche evidenziato un problema: ciascuna variante ha un minuscolo effetto sull'altezza ma nel loro insieme questi effetti non equivalgono al contributo genetico previsto dagli studi familiari.
Questo fenomeno, che si verifica per molti altri tratti e malattie, è stato soprannominato "ereditarietà mancante" ed ha persino portato alcuni ricercatori a ipotizzare che ci sia qualcosa di fondamentalmente sbagliato nella nostra comprensione della genetica.
Ora, uno studio indica che la maggior parte dell'ereditarietà mancante per l'altezza e per l'indice di massa corporea (BMI) può essere trovata, come alcuni sospettavano, in varianti geniche più rare, che finora non erano state scoperte. "È uno studio rassicurante perché suggerisce che non c'è qualcosa di terribilmente sbagliato nella genetica", afferma Tim Spector, epidemiologo e genetista del King's College di Londra. "Solo che la soluzione è più complessa di quanto pensassimo”. La ricerca è stata pubblicata sul sito di preprint bioRxiv il 25 marzo.
Rovistando nel genoma
Per cercare i fattori genetici alla base di malattie e tratti, i genetisti utilizzano megaricerche note come studi di associazione sull'intero genoma (genome-wide association studies, GWAS). Tipicamente, questi studi setacciano i genomi di decine di migliaia di persone - ma possono arrivare a più di un milione - alla ricerca di modificazioni di una singola lettera, o SNP, in geni che compaiono comunemente in individui con una particolare malattia o che potrebbero spiegare un tratto comune come l'altezza.
Ma i GWAS hanno dei limiti. Poiché sequenziare l'intero genoma di migliaia di persone è costoso, analizzano tutti soltanto un insieme strategicamente selezionato di SNP, forse 500.000, nel genoma di ciascuna persona: appena un'istantanea dei circa sei miliardi di nucleotidi, gli elementi costitutivi del DNA, che formano il nostro genoma. E queste 500.000 varianti comuni sarebbero state ricavate dal sequenziamento dei genomi di poche centinaia di persone, afferma Timothy Frayling, studioso di genetica umana dell'Università di Exeter, nel Regno Unito.
Un team guidato da Peter Visscher presso il Queensland Brain Institute di Brisbane, in Australia, ha deciso di verificare se le SNP più rare rispetto a quelli analizzate con i GWAS potessero spiegare l'ereditarietà mancante per l'altezza e per il BMI. I ricercatori si sono affidati al sequenziamento dell'intero genoma - eseguendo una lettura completa di tutte le 6 miliardi di basi - di 21.620 persone. (Gli autori hanno rifiutato di commentare il preprint, perché è stato proposto per la pubblicazione su una rivista.)
Si sono basati su un principio semplice, ma potente, è cioè che tutte le persone sono imparentate in qualche modo – anche se alla lontana – e il DNA può essere usato per calcolare i gradi di parentela. Quindi, le informazioni sull'altezza e sul BMI delle persone possono essere combinate per identificare le SNP sia comuni sia rare che potrebbero contribuire a questi tratti.
Supponiamo, per esempio, che due cugini di terzo grado siano più simili tra loro in altezza rispetto a due cugini di secondo grado di un'altra famiglia: questa è un'indicazione che l'altezza dei cugini di terzo grado è per la maggior parte una questione di genetica e l'estensione di tale correlazione dirà in che misura, spiega Frayling. "Hanno usato tutte le informazioni genetiche che permettono di capire quanta parte della correlazione sia dovuta a cose più rare e quanta alle cose comuni”.
Come risultato, i ricercatori sono riusciti a catturare differenze genetiche che si manifestano solo in una persona su 500 o persino una su 5000.
Usando le informazioni sulle varianti comuni e su quelle rare, i ricercatori hanno ottenuto all'incirca le stesse stime di ereditabilità di quelle indicate da studi sui gemelli. Per l'altezza, Visscher e colleghi stimano un'ereditarietà del 79 per cento e per l'indice di massa corporea del 40 per cento. Vale a dire che, se si prende un gruppo numeroso di persone, il 79 per cento delle differenze di altezza è dovuto ai geni piuttosto che a fattori ambientali, come l'alimentazione.
Processi complessi
I ricercatori indicano anche in che modo potrebbero contribuire ai tratti fisici le varianti che prima non erano state scoperte. Hanno visto infatti che queste varianti rare erano leggermente più numerose in regioni del genoma codificanti per proteine e che avevano una maggiore probabilità di essere dirompenti per queste regioni, osserva Terence Capellini, biologo evoluzionista della Harvard University. Questo indica che le varianti rare potrebbero avere un impatto sull'altezza influenzando le regioni che codificano per le proteine anziché il resto del genoma, la stragrande maggioranza del quale non include istruzioni per produrre proteine, ma potrebbe influenzarne l'espressione.
La rarità delle varianti suggerisce anche che la selezione naturale potrebbe eliminarle, magari perché sono dannose in qualche modo.
La complessità dell'ereditarietà implica che per capire le radici di molte malattie comuni - indispensabile se i ricercatori devono sviluppare terapie efficaci contro di esse - ci vorrà molto più tempo e denaro, e potrebbe richiedere il sequenziamento di centinaia di migliaia o addirittura di milioni di genomi per identificare le varianti rare che spiegano una parte sostanziale delle componenti genetiche delle malattie.
Lo studio rivela solo la quantità totale di varianti rare che contribuiscono a questi tratti comuni, ma non quali siano importanti, dice Spector. "La fase successiva è andare a capire quale di queste varianti rare è importante per i tratti o le malattie per le quali si vuole ottenere un farmaco".
(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Nature" il 23 aprile 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
Le ricerche sui geni che controllano l'altezza hanno individuato centinaia di varianti geniche comuni legate a questo tratto, ma i loro risultati hanno anche evidenziato un problema: ciascuna variante ha un minuscolo effetto sull'altezza ma nel loro insieme questi effetti non equivalgono al contributo genetico previsto dagli studi familiari.
Questo fenomeno, che si verifica per molti altri tratti e malattie, è stato soprannominato "ereditarietà mancante" ed ha persino portato alcuni ricercatori a ipotizzare che ci sia qualcosa di fondamentalmente sbagliato nella nostra comprensione della genetica.
Ora, uno studio indica che la maggior parte dell'ereditarietà mancante per l'altezza e per l'indice di massa corporea (BMI) può essere trovata, come alcuni sospettavano, in varianti geniche più rare, che finora non erano state scoperte. "È uno studio rassicurante perché suggerisce che non c'è qualcosa di terribilmente sbagliato nella genetica", afferma Tim Spector, epidemiologo e genetista del King's College di Londra. "Solo che la soluzione è più complessa di quanto pensassimo”. La ricerca è stata pubblicata sul sito di preprint bioRxiv il 25 marzo.
Rovistando nel genoma
Per cercare i fattori genetici alla base di malattie e tratti, i genetisti utilizzano megaricerche note come studi di associazione sull'intero genoma (genome-wide association studies, GWAS). Tipicamente, questi studi setacciano i genomi di decine di migliaia di persone - ma possono arrivare a più di un milione - alla ricerca di modificazioni di una singola lettera, o SNP, in geni che compaiono comunemente in individui con una particolare malattia o che potrebbero spiegare un tratto comune come l'altezza.
Ma i GWAS hanno dei limiti. Poiché sequenziare l'intero genoma di migliaia di persone è costoso, analizzano tutti soltanto un insieme strategicamente selezionato di SNP, forse 500.000, nel genoma di ciascuna persona: appena un'istantanea dei circa sei miliardi di nucleotidi, gli elementi costitutivi del DNA, che formano il nostro genoma. E queste 500.000 varianti comuni sarebbero state ricavate dal sequenziamento dei genomi di poche centinaia di persone, afferma Timothy Frayling, studioso di genetica umana dell'Università di Exeter, nel Regno Unito.
Un team guidato da Peter Visscher presso il Queensland Brain Institute di Brisbane, in Australia, ha deciso di verificare se le SNP più rare rispetto a quelli analizzate con i GWAS potessero spiegare l'ereditarietà mancante per l'altezza e per il BMI. I ricercatori si sono affidati al sequenziamento dell'intero genoma - eseguendo una lettura completa di tutte le 6 miliardi di basi - di 21.620 persone. (Gli autori hanno rifiutato di commentare il preprint, perché è stato proposto per la pubblicazione su una rivista.)
Si sono basati su un principio semplice, ma potente, è cioè che tutte le persone sono imparentate in qualche modo – anche se alla lontana – e il DNA può essere usato per calcolare i gradi di parentela. Quindi, le informazioni sull'altezza e sul BMI delle persone possono essere combinate per identificare le SNP sia comuni sia rare che potrebbero contribuire a questi tratti.
Supponiamo, per esempio, che due cugini di terzo grado siano più simili tra loro in altezza rispetto a due cugini di secondo grado di un'altra famiglia: questa è un'indicazione che l'altezza dei cugini di terzo grado è per la maggior parte una questione di genetica e l'estensione di tale correlazione dirà in che misura, spiega Frayling. "Hanno usato tutte le informazioni genetiche che permettono di capire quanta parte della correlazione sia dovuta a cose più rare e quanta alle cose comuni”.
Come risultato, i ricercatori sono riusciti a catturare differenze genetiche che si manifestano solo in una persona su 500 o persino una su 5000.
Usando le informazioni sulle varianti comuni e su quelle rare, i ricercatori hanno ottenuto all'incirca le stesse stime di ereditabilità di quelle indicate da studi sui gemelli. Per l'altezza, Visscher e colleghi stimano un'ereditarietà del 79 per cento e per l'indice di massa corporea del 40 per cento. Vale a dire che, se si prende un gruppo numeroso di persone, il 79 per cento delle differenze di altezza è dovuto ai geni piuttosto che a fattori ambientali, come l'alimentazione.
Processi complessi
I ricercatori indicano anche in che modo potrebbero contribuire ai tratti fisici le varianti che prima non erano state scoperte. Hanno visto infatti che queste varianti rare erano leggermente più numerose in regioni del genoma codificanti per proteine e che avevano una maggiore probabilità di essere dirompenti per queste regioni, osserva Terence Capellini, biologo evoluzionista della Harvard University. Questo indica che le varianti rare potrebbero avere un impatto sull'altezza influenzando le regioni che codificano per le proteine anziché il resto del genoma, la stragrande maggioranza del quale non include istruzioni per produrre proteine, ma potrebbe influenzarne l'espressione.
La rarità delle varianti suggerisce anche che la selezione naturale potrebbe eliminarle, magari perché sono dannose in qualche modo.
La complessità dell'ereditarietà implica che per capire le radici di molte malattie comuni - indispensabile se i ricercatori devono sviluppare terapie efficaci contro di esse - ci vorrà molto più tempo e denaro, e potrebbe richiedere il sequenziamento di centinaia di migliaia o addirittura di milioni di genomi per identificare le varianti rare che spiegano una parte sostanziale delle componenti genetiche delle malattie.
Lo studio rivela solo la quantità totale di varianti rare che contribuiscono a questi tratti comuni, ma non quali siano importanti, dice Spector. "La fase successiva è andare a capire quale di queste varianti rare è importante per i tratti o le malattie per le quali si vuole ottenere un farmaco".
(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Nature" il 23 aprile 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)