Dai cammelli alle meduse, l'arca di Noè dei biomateriali
Al servizio della medicina rigenerativa
Elisa Buson 25 giugno 2019 09:55
Sembrano usciti dall'arca di Noè, i nuovi biomateriali ispirati alla natura che metteranno il turbo alla medicina rigenerativa per riparare il corpo umano: ottenuti a partire dal pelo di cammello o dall'osso di seppia, dalla seta del ragno o dal carapace del granchio, possono essere usati per produrre gel, matrici e strutture tridimensionali che accelerano la guarigione di pelle, ossa, cartilagini, cuore e perfino cervello.
In futuro potranno essere stampati anche in 3D, per creare le impalcature su cui coltivare organi e 'pezzi di ricambio', come suggeriscono gli studi condotti all'Università di Trento dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria industriale guidati da Antonella Motta e da quelli del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica di Nicola Pugno.
"La natura produce materiali avanzatissimi che non si possono riprodurre artificialmente: per questo nei nostri laboratori prendiamo ispirazione da piante, animali e insetti non solo per quanto riguarda le molecole usate, ma anche i processi produttivi, in modo da creare nuovi materiali e oggetti dalle proprietà inedite, che siano biocompatibili e capaci di interagire con le cellule del corpo umano per accelerare i processi di guarigione", spiega Motta.
Tutto è cominciato nel 1995, con i primi studi sulla seta del baco: la sua proteina principale ('fibroina') è stata processata, sciolta e rielaborata sotto forma di gel iniettabili, spugne, matrici e membrane biocompatibili che sanno 'dialogare' con le cellule del corpo per stimolarne la riparazione.
Un esempio di membrana trasparente fatta con la seta (fonte: A. Motta)
"Se pensiamo allla cartilagine o all'osso rovinato di un ginocchio, questi materiali potrebbero rappresentare una valida alternativa alla protesi, come dimostrano le ricerche che abbiamo condotto con l'Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna", sottolinea Motta.
Dopo i primi successi sono arrivati i biopolimeri ottenuti dai carapaci dei crostacei, utili come matrici per la rigenerazione degli organi grazie alla chitina, una proteina naturale che permette il rilascio controllato di molecole che aiutano la ricostruzione; poi è stato il turno delle bioceramiche dagli ossi di seppia e persino dei peli di cammello, cavallo e cachemire, da cui viene estratta la cheratina per la rigenerazione della pelle; infine il collagene estratto da spugne e meduse, per ripristinare ossa e cartilagini.
Dal pelo di cammello si estrae la cheratina per rigenerare la pelle (fonte: Yaan, Wikipedia)
"Questi materiali possono essere anche combinati fra loro o arricchiti con nanomateriali per ottenere nuove proprietà che non esistono in natura - prosegue l'esperta - ma tutto viene sempre fatto secondo i principi della chimica 'verde', in modo che i prodotti non risultino tossici o pericolosi per la salute". Molti sarebbero già pronti per essere sperimentati sull'uomo, "ma l'università da sola non può fare questo salto senza la collaborazione di aziende che supportino la spesa". Inoltre, affinché questi materiali biomimetici arrivino sul mercato, "bisogna ancora lavorare molto sul versante delle normative e dei controlli di sicurezza che ne certifichino la qualità lungo tutta la filiera".