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Ipertensione arteriosa polmonare associata a sclerosi sistemica, età fattore predittivo di migliorata sopravvivenza


pharmastar.it

Ipertensione arteriosa polmonare associata a sclerosi sistemica, età fattore predittivo di migliorata sopravvivenza

Giovedi 12 Dicembre 2019  Nicola Casella

Tra il 2006 e il 2017, la sopravvivenza dei pazienti affetti da ipertensione arteriosa polmonare associata a sclerosi sistemica (SSc-PAH) è migliorata negli individui di età uguale o inferiore a 70 anni, ma non negli individui di età più avanzata. E’ questo il responso di uno studio recentemente pubblicato su CHEST, che ha individuato nell’età del paziente un fattore predittivo determinante di sopravvivenza. Lo studio ha documentato anche una percentuale significativamente più elevata di pazienti non ultra70enni in trattamento iniziale con terapia di combinazione, un aspetto che dovrebbe essere approfondito in studi ulteriori, atti a verificare l’esistenza di un eventuale rapporto di causalità.
Qualche informazione sulla ipertensione arteriosa polmonare associata a sclerosi sistemica (SSc-PAH)
La PAH è una comorbilità della SSc di frequente riscontro  (intorno al 10%) e rappresenta una delle cause principali di mortalità. I pazienti con PAH associata a SSc presentano outcome di malattia peggiori di quelli affetti da altre cause di PAH e rispondono meno ai trattamenti riservati alla PAH.

Il tasso di sopravvivenza a 3 anni è molto ridotto, attestandosi intorno al 52%, anche se studi più recenti hanno dimostrato un leggero miglioramento di questo dato.

Le Linee Guida attuali raccomandano di sottoporre a screening annuale i pazienti asintomatici con SSc (mediante valutazione ecografica, della capacità di diffusione di CO a livello polmonare e di alcuni biomarcatori).

Lo screening regolare periodico, infatti, potrebbe migliorare la sopravvivenza dei pazienti, identificando i casi meno severi di PAH.

Inoltre, il ricorso ad una terapia di combinazione iniziale o sequenziale potrebbe migliorare la prognosi di PAH, come dimostrato in alcuni studi: non si può escludere, infatti, che la combinazione di uno screening regolare per la presenza di PAH in pazienti con SSc e l’adozione di una strategia terapeutica di combinazione possa aver migliorato la sopravvivenza dei pazienti con SSc-PAH in questi ultimi 10 anni.

L’assenza di dati disponibili per dimostrare questa associazione ha sollecitato la messa a punto di questo nuovo studio, che si è proposto di descrivere la sopravvivenza e l’evoluzione delle strategie terapeutiche iniziali in pazienti con SSc-PAH provenienti da un ampio studio multicentrico osservazionale francese.

A tal scopo, è stato utilizzato un modello di regressione multivariata di Cox, aggiustato per la presenza di alcuni possibili fattori confondenti, per valutare l’associazione tra gli eventi letali registrati e la data della diagnosi di PAH, mettendo a confronto due periodi temporali di ugual durata (2006-2011 vs. 2012-2017).

L’analisi ha incluso 306 pazienti, 167 dei quali (54,6%) con diagnosi di PAH tra il 2006 e il 2011 e 139 (45,4%) con diagnosi posta tra il 2012 e il 2017.

Differenze di sopravvivenza non legate ad anno diagnosi ma all’età dei pazienti e, probabilmente, alla terapia di combinazione
Dallo studio non sono emerse differenze di sopravvivenza statisticamente significative tra i pazienti con diagnosi di PAH posta tra il 2012 e il 2017 rispetto a quelli con diagnosi posta tra il 2006 e il 2011 (p=0,29).

I ricercatori, invece, hanno osservato un incremento di sopravvivenza statisticamente significativo tra i pazienti di età uguale o inferiore a 70 anni, indipendentemente dai periodi temporali sopra indicati (HR=0,40; IC95%= 0,17-0,99; p=0,46), ma non tra gli ultra70enni (HR=1,29; IC95%= 0,67-2,51; p=0,44).

Non solo: è stata documentata una proporzione significativa più ampia di pazienti sottoposta a terapia di combinazione iniziale con antagonisti dei recettori dell’endotelina e inibitori di PDE5 tra quelli più giovani con diagnosi di malattia posta tra il 2012 e il 2017 rispetto a quanto osservato nei pazienti giovani con diagnosi posta tra il 2006 e il 2011 (42,9% vs. 19,5%; p=0,002).

Tale trend, invece, non è stato replicato nei pazienti ultra70enni, indipendentemente dall’anno di diagnosi di PAH.

Le implicazioni dello studio
Nel commentare questi dati sulla terapia, i ricercatori hanno riconosciuto che uno dei limiti del loro studio era quello di non essere stato disegnato per valutare l’efficacia delle varie combinazioni farmacologiche utilizzate (epoprostenolo-sildenafil, ambrisentan-tadalafil).

Ciò premesso, “…un’ipotesi che potrebbe spiegare quanto osservato – hanno ipotizzato i ricercatori – è che i pazienti più giovani rispondono meglio alla terapia in quanto affetti da malattia meno severa; inoltre, le variazioni di sopravvivenza potrebbero essere legate proprio alla severità di malattia”.

Sono ora necessari nuovi studi in grado di rispondere alla domanda se i tassi di sopravvivenza sono legati ad un maggior ricorso a terapia di combinazione iniziale e/o a miglioramenti della gestione clinica del paziente in generale.

Nicola Casella

Bibliografia
Hachulla E et al. Survival improved in systemic sclerosis associated pulmonary arterial hypertension patients aged 70 years or less over the period 2006-2017 in France [published online October 19, 2019]. CHEST. doi:10.1016/j.chest.2019.10.045
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Fonte: pharmastar.it
URL: https://www.pharmastar.it/news/pneumo/ipertensione-arteriosa-polmonare-associata-a-sclerosi-sistemica-et-fattore-predittivo-di-migliorata-sopravvivenza-30949