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COVID-19, come trattare le malattie autoinfiammatorie


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COVID-19, come trattare le malattie autoinfiammatorie

Importante non farsi prendere dal panico, usare le misure protettive e consigliate dalla autorità governative e continuare ad assumere i farmaci che proteggono anche anche nelle forme più gravi di polmonite interstiziali virale

di Raffaele Manna 13/03/2020 10:36
COVID-19, come trattare le malattie autoinfiammatorie  Quando c’è la febbre, il primo pensiero va all’influenza o ad altre malattie da raffreddamento stagionali. In questo momento è inevitabile pensare all’infezione da COVID-19. Invece, con una certa frequenza la febbre può essere spia anche di malattie infiammatorie e/o reumatologiche non infettive. In questi casi il rialzo termico ha in genere un andamento particolare, ricorrente o periodico, e può essere accompagnato da una vasta gamma di sintomi che vanno da dolori articolari all’orticaria. Queste febbri periodiche, ricorrenti, sono espressione di malattie autoinfiammatorie che da pochi anni vengono identificate (conosciamo solo il 40 per cento di queste sindromi), legate a mutazione dei geni della risposta immune innata, che portano all’attivazione di risposte infiammatorie aspecifiche molto rapide a fattori scatenanti aspecifici. L’esempio più eclatante è quello della Febbre Mediterranea Familiare (FMF), malattia non infrequente in Italia (si riscontra soprattutto al sud, in Calabria e Sicilia orientale), ma più frequente nelle etnie turca, armena, araba e negli israeliti. In chi ne soffre, la febbre si presenta per un massimo di tre giorni consecutivi e si ripete ogni uno-tre mesi.

Il primo centro che si è occupato della FMF in Italia è stato proprio il Centro delle Febbri periodiche dell’Università Cattolica, al Policlinico Gemelli di Roma, da me diretto. Nel nostro Paese ci sono anche altri centri d’eccellenza, sia pediatrici sia dell’adulto,e tra questi il Gaslini di Genova, L’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, il Gaetano Pini a Milano, Padova e Trieste, e il San Matteo di Pavia.

Le malattie autoinfiammatorie non devono essere confuse con le malattie autoimmuni in cui ci sono autoanticorpi o linfociti autoreattivi e che vedono nel cocktail terapeutico quasi sempre anche  l’uso del cortisone. Altre malattie autoinfiammatorie molto simili, ma un poco più rare, sono la malattia da deficit di mevalonato-chinasi (MVD), le criopirinopatie (CAPS), la sindrome da mutazione del recettore del TNF (TRAPS). In queste malattie la febbre ha andamenti caratteristici: nelle prime 2 dura al massimo una settimana e si ripete ogni paio di mesi, e la CAPS può essere scatenata dal freddo, mentre nella terza il rialzo termico è più prolungato, dura 2-3 settimane, un paio di volte l’anno. Queste malattie, se non diagnosticate, presentano complicazioni renali, come l’amiloidosi.

I pazienti affetti da malattie autoinfiammatorie sono trattati con farmaci come la colchicina o i biologici antagonisti dell’Interleukina 1, ‘il direttore d’orchestra dell’infiammazione (anti-IL-1). Nel momento in cui l’Italia è assediata dall’infezione da COVID-19, molti pazienti affetti da malattie autoinfiammatorie chiedono con ansia di sapere come regolarsi con la colchicina o con farmaci biologici anti-IL1. Molti di questi pazienti sono affiliati all’Associazione Italiana delle Febbri Periodiche (AIFP) e chiedono una parola chiara ai clinici e ai ricercatori nel campo per sapere se devono sospendere la colchicina o i farmaci biologici. Dopo aver analizzato gli studi sulle polmoniti virali e dopo una consultazione con esperti di livello internazionale, come i professori Avi Livneh dello Sheba Medical Center in Israele e Fabrizio De Benedetti, Direttore della Pediatria Reumatologica dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma, possiamo tranquillizzare i pazienti, dando loro una risposta articolata e chiara.

 La colchicina nelle malattie autoinfiammatorie può abolire le manifestazioni febbrili quindi, dal punto di vista diagnostico, per sollevare il sospetto di infezione da COVID-19, non bisogna aspettarsi il sintomo febbre, che potrebbe essere abolito, ma fare affidamento solo su sintomi come tosse e dispnea. Invece, sulla gravità tumultuosa della tempesta infiammatoria (cytokine storm), talora connessa all’infezione, la colchicina può ridurre questa  tempesta di citochine, e in caso di malattia COVID-19 può addirittura ridurre il danno immunomediato; lo stesso ragionamento può essere applicato ai biologici anti-IL1. L’interruzione di queste terapie potrebbe quindi essere gravemente controproducente, e un saggio consiglio è sicuramente quello di non interrompere la terapia colchicinica o i farmaci anti IL1.
 
In effetti, in caso di infezione da COVID-19, MERS-CoV o SARS-CoV, è stato osservato che l'infezione da virus induce un'attivazione anomala del sistema immunitario, che porta alla sintesi di diverse citochine pro-infiammatorie come l’IL-1, IL-6, IL-8, il CXCL10, il CCL2 e l’interferone-? (IFN-?). Questa risposta pro-infiammatoria induce nel 15 per cento degli affetti da infezione COVID-19 una trasudazione di liquidi interstiziali a livello capillare polmonare che porterà infine a edema polmonare non cardiogeno, ipossia (deficit di assunzione di ossigeno) e infiltrazione di neutrofili. Questo stadio della malattia è generalmente seguito da un aumento della fibro-proliferazione e formazione di membrane ialine che ostacolano la diffusione di ossigeno dagli alveoli polmonare al sangue capillare polmonare; a seconda del paziente, questi gravi cambiamenti patologici possono risolversi spontaneamente (10-15%) o progredire (5%) e costringere all’intubazione per consentire l’assunzione forzata di ossigeno e salvare il paziente.

Un farmaco biologico, già usato nel trattamento dell’artrite reumatoide, il tocilizumab, capace di antagonizzare l’Interleuchina 6, si è dimostrato in grado di dominare la tempesta immunologica di citochine, che appare più dannosa dello stesso effetto citopatico del virus sulle cellule polmonari. L’esperienza dei medici cinesi a Whuan e dei clinici del Pascale di Napoli conferma questi dati: anche l'uso di colchicina o di biologici anti IL1 (anakinra, canakinumab) capaci di ridurre il livello di IL6, e ciò aiuta a dominare la tempesta immunologica, anche nel caso in cui i pazienti con malattie autoinfiammatorie incappino nel virus COVID 19.

Il messaggio conclusivo per i pazienti affetti da malattie autoinfiammatorie, quindi, e quello di non farsi prendere dal panico, usare le misure protettive e consigliate dalla autorità governative e continuare tranquillamente i farmaci dai quali sono anche protetti anche nelle forme più gravi di polmonite interstiziali virale.


Fonte: milanofinanza.it
URL: https://www.milanofinanza.it/NEWS/COVID-19-COME-TRATTARE-LE-MALATTIE-AUTOINFIAMMATORIE-202003131053341785?fbclid=IwAR0JId5lSA1TZDeJdzShqlK3Zuud4ZSmfz5LfpDT9UajclLNMk679azgzaQ