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Sindrome di Behcet, secukinumab efficace e sicuro, studio multicentrico
Venerdi 15 Maggio 2020 Nicola Casella
E’ stato recentemente pubblicato su ARD uno studio retrospettivo multicentrico che ha documentato il vantaggio derivante dall'impiego a lungo termine di un regime di trattamento farmacologico a base di secukinumab, inibitore di IL-17, nel migliorare le manifestazioni attive mucocutanee e articolari refrattarie ai trattamenti precedenti.
Lo studio è stato coordinato dal Dr Giacomo Emmi del gruppo di ricerca dell'Università di Firenze guidato dal Prof Domenico Prisco, e condotto tra gli altri assieme ai colleghi Gerardo Di Scala e Filippo Fagni. Multicentrico, è stato realizzato grazie alla collaborazione con altri Centri Italiani (Bari, Dr Lopalco e Pisa Dr.ssa Talarico) ed un centro Australiano (Adelaide, Dr Lo Russo).
Abbiamo rivolto alcune domande di approfondimento al Dr Giacomo Emmi (Ricercatore dell' Università di Firenze, Ospedale Careggi).
Di seguito, proponiamo alcuni stralci relativi alle informazioni più rilevanti emerse nel corso di questa intervista.
Cosa è la sindrome di Behcet e come si caratterizza?
La sindrome di Behcet è una vasculite multisistemica, ovvero un'infiammazione dei vasi di calibro differente, che può interessare qualunque distretto corporeo. Più frequentemente, la malattia ha un interessamento mucocutaneo, oculare, ed articolare, ma importanti soprattutto in termini di morbidità e mortalità sono le manifestazioni più sistemiche, ovvero l’interessamento neurologico, gastrointestinale e vascolare.
Ciò premesso, “…il tratto distintivo della sindrome di Behcet – sottolinea il dr. Emmi - è rappresentato dalle lesioni mucocutanee: in particolare, le ulcere recidivanti, orali o genitali possono essere molto dolorose e disabilitanti, con conseguente peggioramento della qualità della vita”.
“La sindrome – continua - che va ricondotta nel novero delle malattie rare – si caratterizza per l’esistenza di 4 fenotipi noti: 1) interessamento mucocutaneo accompagnato da interessamento articolare; 2) interessamento oculare che si accompagna a interessamento neurologico; 3) interessamento vascolare; 4) interessamento gastrointestinale”.
Le opzioni attuali di trattamento
Le terapie attuali per le ulcere orali si basano sull'impiego di preparazioni topiche a base di corticosteroidi e gel anestestico, oppure sul ricorso a farmaci sistemici.
“Alla luce dell’ultimo aggiornamento delle raccomandazioni EULAR relative al trattamento farmacologico di questa sindrome – spiega Emmi – la terapia sistemica si basa, in primis, sull’impiego di farmaci immunosoppressori tradizionali (es: colchicina per la gran parte delle manifestazioni di malattia, azatioprina e ciclofosfamide per le forme più severe). Sono ormai poco utilizzare nel trattamento della sindrome invece, la ciclosporina e il metotressato”.
“Negli ultimi anni – continua Emmi - si sono via via affermati nel tempo i farmaci biotecnologici, come gli inibitori del TNF-alfa, che sono in grado di coprire per buona parte moltissime delle manifestazioni associate alla sindrome e che rappresentano, ormai, un caposaldo nel trattamento di questa patologia”.
Razionale d’impiego di secukinumab nella sindrome di Behcet
“L’idea di utilizzare il secukinumab nella sindrome – spiega Emmi - deriva da alcune osservazioni già presenti da tempo in letteratura secondo le quali il Behcet condivide con le spondiloartriti (spondilite anchilosante e artrite psoriasica) non solo alcune caratteristiche cliniche ma anche un forte background patogenetico”.
“La dimostrazione sperimentale di un ruolo patogenetico di IL-17 nella sindrome – continua - ci suggerì la messa a punto di uno studio pilota retrospettivo (pubblicato nel 2018 sulla rivista Journal of Autoimmunity), avente l’obiettivo di valutare l'efficacia e la sicurezza di secukinumab in una piccolissima casistica di pazienti con malattia di Behçet mucocutanea attiva e con coinvolgimento articolare assiale, refrattari ad altri trattamenti immunosoppressivi.
I risultati positivi ottenuti in quella occasione (sia sulle manifestazioni articolari che, inaspettatamente, su quelle cutanee) ci hanno suggerito di implementare uno studio di maggiori dimensioni numeriche e capace di coinvolgere più centri per verificare la bontà di questo approccio di trattamento”.
Lo studio, in sintesi
Di disegno retrospettivo e multicentrico, lo studio ha reclutato 15 pazienti grazie al contributo dei centri di Bari, Pisa e di un centro afferente ad un collega australiano (una casistica limitata in termini di numero assoluto ma consistente considerando la rarità della patologia).
I pazienti reclutati soddisfacevano i criteri internazionali per la malattia di Behcet ed erano refrattari al trattamento con colchicina, DMARDcs e ad almeno un farmaco anti-TNF.
La durata minima del follow-up è stata fissata a 6 mesi. Sei pazienti con coinvolgimento poliarticolare sono stati trattati con secukinumab 300 mg, mentre gli altri sono stati sottoposti a trattamento con dose dimezzata.
La valutazione della risposta al trattamento si è basata sul numero di ulcere orali nei 28 giorni precedenti e sul punteggio DAS-28 per le manifestazioni articolari.
Nello specifico, la risposta completa al trattamento era definita dal controllo completo delle manifestazioni mucosali e periferiche articolari (ulcere orali=0 nei 28 giorni precedenti e punteggio DAS-28 ≤2,6). La risposta parziale, invece, era definita da una riduzione di almeno il 50% del numero di ulcere orali nei 28 giorni precedenti la visita e da un punteggio DAS-28 compreso tra 2,6 e 3,2.
Inoltre, sono stati valutati anche gli indici BASDAI e ASDAS di attività di malattia per il coinvolgimento articolare assiale, e l'indice BDCAF per l'attività di malattia legata al Behçet.
Dopo 3 mesi di follow-up, il 66,7% dei pazienti ha raggiunto una risposta completa/parziale al trattamento, per arrivare fino all’86,7% dei pazienti a 6 mesi, al 76,9% a 12, al 90% a 18 e alla totalità dei pazienti dopo 24 mesi.
I ricercatori hanno sottolineato come tutti i pazienti sottoposti a trattamento con secukinumab 300 mg/mese avessero raggiunto la risposta completa al trattamento a 6 mesi, mentre 7 pazienti (pari al 46,7% del totale) sono stati in grado di raggiungere una risposta alla terapia dopo essere passati a trattamento con la dose maggiore.
Inoltre, lo studio ha documentato anche l’esistenza di effetti positivi su altri aspetti della malattia, come le ulcere genitali, l’artrite assiale e le manifestazioni intestinali, in assenza di riacutizzazioni di altre manifestazioni di Behcet.
Le implicazioni terapeutiche dello studio
“Allo stato attuale – ricorda il dr. Emmi – oltre le opzioni terapeutiche sopra indicate, la novità nella terapia del Behcet è rappresentata dalla prossima introduzione, anche sul mercato italiano, di apremilast con l’indicazione al trattamento della sindrome.
Ciò premesso, i dati del nostro studio sono molto incoraggianti e fanno ben sperare, se confermati, in una prossima introduzione del secukinumab nell’armamentario terapeutico della malattia di Behcet con fenotipo mucosale e articolare nei pazienti refrattari alle terapie esistenti”.
Nicola Casella
Bibliografia
Fagni F et al. Long-term effectiveness and safety of secukinumab for treatment of refractory mucosal and articular Behçet’s phenotype: a multicentre study. ARD 2020
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