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Iperossaluria primitiva di tipo 1, conferme per lumasiran in fase 3
Martedi 9 Giugno 2020 Elisa Spelta
Nello studio di fase 3 ILLUMINATE-A, condotto in pazienti con iperossaluria primitiva di tipo 1 (PH1), il farmaco sperimentale lumasiran, che agisce attraverso il meccanismo di RNA interference, ha raggiunto l'endpoint primario di efficacia e tutti gli endpoint secondari testati. I risultati completi dello studio sono stati presentati al meeting (virtuale) della European Renal Association-European Dialysis and Transplant Association (ERA-EDTA).
"I risultati dello studio ILLUMINATE-A mostrano che lumasiran è in grado di ridurre l’eccessiva produzione di ossalato, causa dell'insufficienza renale progressiva nei pazienti con PH1. La riduzione della produzione di ossalato epatico determina un beneficio clinico per i pazienti e ha il potenziale di cambiare il corso della malattia", ha spiegato il Professor Jaap Groothoff, a capo del dipartimento di nefrologia dell’Emma Children’s Hospital di Amsterdam.
Risultati di efficacia
Nello studio ILLUMINATE-A, che ha arruolato 39 pazienti, lumasiran ha raggiunto l'endpoint primario di efficacia, ovvero la riduzione della concentrazione di ossalato urinario delle 24 ore al mese 6 (vs baseline) rispetto al placebo. Il farmaco ha raggiunto anche tutti gli endpoint secondari testati.
In particolare, nei pazienti con PH1, di età pari o superiore ai sei anni, con una velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) maggiore o uguale a 30 mL/min/1,73m2, il trattamento ha portato a una riduzione media del 65,4% della concentrazione di ossalato nelle urine rispetto al basale, con una differenza media del 53,5% rispetto al placebo (p=1,7 x 10-14).
La riduzione massima con lumasiran è stata del 76%, in linea con i risultati (75-76%) riportati negli studi di Fase 1/2 e Fase 2 open-label. Lumasiran ha anche dimostrato una riduzione media del 62,5% del rapporto tra ossalato nelle urine e creatinina nelle 24 ore, misura alternativa dell'escrezione di ossalato, rispetto al basale, con una differenza media del 51,8% rispetto al placebo (p=5,0 x 10-10). Al Mese 6, la maggioranza (21/25 - 84%) dei pazienti assegnati al trattamento con lumasiran ha raggiunto livelli di ossalato urinario pari o inferiori a 1,5 volte il limite superiore di normalità (1,5 x ULN = 0,77 mmol/24hr/1,73m2) (p=8,3x10-7).
Circa la metà (13/25 - 52%) dei pazienti trattati con lumasiran ha raggiunto livelli di ossalato urinari compresi nell’intervallo di normalità (inferiore o uguale a 0,514 mmol/24hr/1,73m2) (p=0,001). Al contrario, nessuno dei pazienti del braccio placebo ha raggiunto livelli di ossalato normali o quasi normali. Lumasiran ha portato ad una rapida e persistente riduzione dei livelli di ossalato plasmatico nei pazienti in cui tale valore al basale era pari o superiore a 1,5 volte il limite inferiore di riferimento; i pazienti trattati con lumasiran (N=23) hanno sperimentavano una riduzione di ossalato plasmatico del 39,8 contro lo 0,3% dei controlli (N=10) (p=2,9 x 10-8).
In una analisi pre-specificata di un sottogruppo dello studio, lumasiran ha dimostrato un’efficacia coerente rispetto al placebo in tutti i sottogruppi, inclusa la funzionalità renale al basale. A 6 mesi, 3 dei 22 pazienti trattati con il farmaco hanno dimostrato segni precoci di miglioramento unilaterale e bilaterale della nefrocalcinosi, compreso un paziente del braccio lumasiran che ha dimostrato un miglioramento di 2 gradi della condizione in un rene e un miglioramento di 1 grado nell'altro rene. Al contrario, nessun miglioramento della nefrocalcinosi è stato segnalato per i pazienti trattati con placebo (N=12).
Un totale di 38 su 39 pazienti ha completato il periodo di analisi primaria di 6 mesi e tutti i pazienti idonei sono passati alla fase di estensione dello studio.
Risultati di sicurezza e tollerabilità
Non si sono verificati decessi e non sono stati segnalati casi di eventi avversi gravi durante lo studio. Eventi avversi sono stati osservati nell’84,6% dei pazienti trattati con lumasiran e nel 69,2% dei pazienti trattati con placebo. I più frequenti erano reazioni al sito di iniezione, cefalea, rinite e infezioni delle vie respiratorie superiori.
Informazioni sull'iperossaluria primitiva di tipo 1 (PH1)
L’iperossaluria primitiva di tipo 1 è una malattia ultra rara caratterizzata dall’accumulo, di cristalli di ossalato di calcio nei reni e nel tratto urinario e può portare alla formazione di calcoli renali ricrrenti e alla nefrocalcinosi. La compromissione della funzionalità renale aggrava la malattia poichè l’eccesso di ossalato, non escreto, si accumula in vari organi e tessuti, tra cui ossa, occhi, pelle e cuore, con conseguente , soppressione della funzionalità del midollo osseo, fratture, atrofia ottica, aritmie, miocardite, neuropatia e artropatia.
La malattia è causata da mutazioni nel gene che codifica per l’enzima L-alanina-gliossilato amino transferasi (AGT), espresso nel fegato. La trasmissione avviene con modalità autosomica recessiva: i genitori sono portatori sani della mutazione (e spesso non sanno di averla, soprattutto se non ci sono familiari affetti), mentre ciascun figlio della coppia ha il 25% di probabilità di essere malato.
Esiste anche un secondo tipo della malattia (iperossaluria primitiva di tipo 2), causato dalla mutazione del gene GRHPR , e un terzo tipo (iperossaluria di tipo 3), identificato più di recente e causato dal difetto del gene HOGA1.
Il danno renale è causato da una combinazione di tossicità tubulare da ossalato, depositi di ossalato di calcio nei reni e ostruzione urinaria da calcoli di ossalato di calcio.
La funzione renale compromessa aggrava la malattia in quanto l'ossalato in eccesso non può più essere espulso in modo efficace, con conseguente accumulo e cristallizzazione nelle ossa, negli occhi, nella pelle e nel cuore, con conseguente grave malattia e morte.
Le attuali opzioni terapeutiche sono molto limitate e comprendono la frequente dialisi renale o il trapianto combinato di fegato e reni, una procedura con elevata morbilità che è limitata a causa della disponibilità di organi. Anche se una piccola minoranza di pazienti risponde alla terapia con vitamina B6, non esistono terapie approvate per la PH1.
Lumasiran
Lumasiran è un RNAi sperimentale, somministrato per via sottocutanea, diretto a modulare l'espressione del gene HAO1, che codifica per l'enzima noto come idrossiacido ossidasi 1 (HAO1) o glicolato ossidasi (GO). Così, silenziando HAO1 e di conseguenza l’attività dell'enzima GO, lumasiran inibisce la produzione di ossalato, il metabolita responsabile della fisiopatologia di PH1.
Lumasiran utilizza la tecnologia Alnylam Enhanced Stabilization Chemistry (ESC)-GalNAc-coniugato, che consente attraverso la somministrazione sottocutanea una maggior stabilità, durata. Lumasiran ha ricevuto sia la designazione di farmaco orfano negli Stati Uniti che nell'UE, una designazione di terapia innovativa dall’FDA e una designazione di farmaci prioritari (PRIME) dall'EMA.
"I risultati dello studio ILLUMINATE-A mostrano che lumasiran è in grado di ridurre l’eccessiva produzione di ossalato, causa dell'insufficienza renale progressiva nei pazienti con PH1. La riduzione della produzione di ossalato epatico determina un beneficio clinico per i pazienti e ha il potenziale di cambiare il corso della malattia", ha spiegato il Professor Jaap Groothoff, a capo del dipartimento di nefrologia dell’Emma Children’s Hospital di Amsterdam.
Risultati di efficacia
Nello studio ILLUMINATE-A, che ha arruolato 39 pazienti, lumasiran ha raggiunto l'endpoint primario di efficacia, ovvero la riduzione della concentrazione di ossalato urinario delle 24 ore al mese 6 (vs baseline) rispetto al placebo. Il farmaco ha raggiunto anche tutti gli endpoint secondari testati.
In particolare, nei pazienti con PH1, di età pari o superiore ai sei anni, con una velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) maggiore o uguale a 30 mL/min/1,73m2, il trattamento ha portato a una riduzione media del 65,4% della concentrazione di ossalato nelle urine rispetto al basale, con una differenza media del 53,5% rispetto al placebo (p=1,7 x 10-14).
La riduzione massima con lumasiran è stata del 76%, in linea con i risultati (75-76%) riportati negli studi di Fase 1/2 e Fase 2 open-label. Lumasiran ha anche dimostrato una riduzione media del 62,5% del rapporto tra ossalato nelle urine e creatinina nelle 24 ore, misura alternativa dell'escrezione di ossalato, rispetto al basale, con una differenza media del 51,8% rispetto al placebo (p=5,0 x 10-10). Al Mese 6, la maggioranza (21/25 - 84%) dei pazienti assegnati al trattamento con lumasiran ha raggiunto livelli di ossalato urinario pari o inferiori a 1,5 volte il limite superiore di normalità (1,5 x ULN = 0,77 mmol/24hr/1,73m2) (p=8,3x10-7).
Circa la metà (13/25 - 52%) dei pazienti trattati con lumasiran ha raggiunto livelli di ossalato urinari compresi nell’intervallo di normalità (inferiore o uguale a 0,514 mmol/24hr/1,73m2) (p=0,001). Al contrario, nessuno dei pazienti del braccio placebo ha raggiunto livelli di ossalato normali o quasi normali. Lumasiran ha portato ad una rapida e persistente riduzione dei livelli di ossalato plasmatico nei pazienti in cui tale valore al basale era pari o superiore a 1,5 volte il limite inferiore di riferimento; i pazienti trattati con lumasiran (N=23) hanno sperimentavano una riduzione di ossalato plasmatico del 39,8 contro lo 0,3% dei controlli (N=10) (p=2,9 x 10-8).
In una analisi pre-specificata di un sottogruppo dello studio, lumasiran ha dimostrato un’efficacia coerente rispetto al placebo in tutti i sottogruppi, inclusa la funzionalità renale al basale. A 6 mesi, 3 dei 22 pazienti trattati con il farmaco hanno dimostrato segni precoci di miglioramento unilaterale e bilaterale della nefrocalcinosi, compreso un paziente del braccio lumasiran che ha dimostrato un miglioramento di 2 gradi della condizione in un rene e un miglioramento di 1 grado nell'altro rene. Al contrario, nessun miglioramento della nefrocalcinosi è stato segnalato per i pazienti trattati con placebo (N=12).
Un totale di 38 su 39 pazienti ha completato il periodo di analisi primaria di 6 mesi e tutti i pazienti idonei sono passati alla fase di estensione dello studio.
Risultati di sicurezza e tollerabilità
Non si sono verificati decessi e non sono stati segnalati casi di eventi avversi gravi durante lo studio. Eventi avversi sono stati osservati nell’84,6% dei pazienti trattati con lumasiran e nel 69,2% dei pazienti trattati con placebo. I più frequenti erano reazioni al sito di iniezione, cefalea, rinite e infezioni delle vie respiratorie superiori.
Informazioni sull'iperossaluria primitiva di tipo 1 (PH1)
L’iperossaluria primitiva di tipo 1 è una malattia ultra rara caratterizzata dall’accumulo, di cristalli di ossalato di calcio nei reni e nel tratto urinario e può portare alla formazione di calcoli renali ricrrenti e alla nefrocalcinosi. La compromissione della funzionalità renale aggrava la malattia poichè l’eccesso di ossalato, non escreto, si accumula in vari organi e tessuti, tra cui ossa, occhi, pelle e cuore, con conseguente , soppressione della funzionalità del midollo osseo, fratture, atrofia ottica, aritmie, miocardite, neuropatia e artropatia.
La malattia è causata da mutazioni nel gene che codifica per l’enzima L-alanina-gliossilato amino transferasi (AGT), espresso nel fegato. La trasmissione avviene con modalità autosomica recessiva: i genitori sono portatori sani della mutazione (e spesso non sanno di averla, soprattutto se non ci sono familiari affetti), mentre ciascun figlio della coppia ha il 25% di probabilità di essere malato.
Esiste anche un secondo tipo della malattia (iperossaluria primitiva di tipo 2), causato dalla mutazione del gene GRHPR , e un terzo tipo (iperossaluria di tipo 3), identificato più di recente e causato dal difetto del gene HOGA1.
Il danno renale è causato da una combinazione di tossicità tubulare da ossalato, depositi di ossalato di calcio nei reni e ostruzione urinaria da calcoli di ossalato di calcio.
La funzione renale compromessa aggrava la malattia in quanto l'ossalato in eccesso non può più essere espulso in modo efficace, con conseguente accumulo e cristallizzazione nelle ossa, negli occhi, nella pelle e nel cuore, con conseguente grave malattia e morte.
Le attuali opzioni terapeutiche sono molto limitate e comprendono la frequente dialisi renale o il trapianto combinato di fegato e reni, una procedura con elevata morbilità che è limitata a causa della disponibilità di organi. Anche se una piccola minoranza di pazienti risponde alla terapia con vitamina B6, non esistono terapie approvate per la PH1.
Lumasiran
Lumasiran è un RNAi sperimentale, somministrato per via sottocutanea, diretto a modulare l'espressione del gene HAO1, che codifica per l'enzima noto come idrossiacido ossidasi 1 (HAO1) o glicolato ossidasi (GO). Così, silenziando HAO1 e di conseguenza l’attività dell'enzima GO, lumasiran inibisce la produzione di ossalato, il metabolita responsabile della fisiopatologia di PH1.
Lumasiran utilizza la tecnologia Alnylam Enhanced Stabilization Chemistry (ESC)-GalNAc-coniugato, che consente attraverso la somministrazione sottocutanea una maggior stabilità, durata. Lumasiran ha ricevuto sia la designazione di farmaco orfano negli Stati Uniti che nell'UE, una designazione di terapia innovativa dall’FDA e una designazione di farmaci prioritari (PRIME) dall'EMA.