Al congresso della European Hematology Association (EHA), che quest’anno si è tenuto in modalità virtuale a causa dell’emergenza Covid-19, sono state presentate alcune sottoanalisi degli studi JAKARTA e JAKARTA2, condotte in pazienti con mielofibrosi trattati con l’inibitore di JAK2 fedratinib.

I nuovi dati confermano l’efficacia del farmaco in prima e in seconda linea e ne dimostrano la sicurezza a lungo termine. Un’ulteriore analisi, di tipo farmacoeconomico, mostra che nei pazienti trattati con fedratinib si ha una riduzione dell’utilizzo delle risorse sanitarie rispetto a quelli trattati con un placebo. «Il trattamento dei pazienti con mielofibrosi ha subito cambiamenti importanti, in senso positivo, a seguito dell’identificazione di mutazioni driver, tra cui quella del gene JAK2, e con lo sviluppo di inibitori contro questa molecola. Queste scoperte hanno portato all’approvazione del primo farmaco specifico, ruxolitinib, seguito da una serie di altre molecole, tra cui fedratinib, recentemente approvato dalla Food and Drug Administration per il trattamento di alcune categorie di pazienti con mielofibrosi» ha spiegato Alessandro Vannucchi, Professore Ordinario di Ematologia presso l’Università degli Studi di Firenze e Direttore del Centro di ricerca e innovazione per le malattie mieloproliferative (CRIMM) dell’AOU Careggi di Firenze.

«La disponibilità di un altro farmaco, oltre a ruxolitinib, della stessa categoria potrebbe essere particolarmente importante, perché possono esserci tra i due differenze dal punto di vista dell’azione e anche delle caratteristiche cliniche dei pazienti che possono far pensare a un uso di fedratinib in prima linea» ha aggiunto l’esperto.

«Al momento, con i dati oggi disponibili, l’impiego di questo farmaco riguarda i pazienti che hanno perso la risposta a ruxolitinib e hanno purtroppo una malattia rapidamente progressiva, per i quali le opzioni terapeutiche sono molto scarse. Fedratinib viene quindi ad arricchire il panorama dei farmaci mirati per la mielofibrosi, in particolare in seconda linea, indicazione per la quale è già stato approvato, per ora negli Stati Uniti, non ancora in Europa» ha specificato il professore.

La mielofibrosi
La mielofibrosi è una malattia cronica nella quale si forma tessuto cicatriziale nel midollo osseo e la produzione delle cellule del sangue si sposta dal midollo osseo alla milza e al fegato, causando l’ingrossamento di questi organi.

Può causare stanchezza estrema, mancanza di respiro, dolore sottocostale, febbre, sudorazione notturna, prurito e dolore osseo. Quando la mielofibrosi si verifica da sola, viene chiamata mielofibrosi primaria. Si parla, invece, di mielofibrosi secondaria quando il paziente presenta una produzione eccessiva di globuli rossi (policitemia vera) o di piastrine (trombocitemia essenziale), che poi evolve in mielofibrosi.

Fedratinib
Fedratinib è un inibitore orale delle tirosin chinasi attivo nei confronti delle proteine JAK2 (Janus Associated Kinase 2) ed FLT3 (FMS-like tyrosine kinase 3), sia ‘wild type’ sia mutate.

Il farmaco è un inibitore selettivo di JAK2, più potente nei confronti di JAK2 rispetto agli altri membri della famiglia JAK (JAK1, JAK3 e TYK2). Un’attivazione eccessiva di JAK2 è associata a neoplasie mieloproliferative, fra cui la mielofibrosi e la policitemia vera.

In modelli cellulari esprimenti le proteine JAK2 o FLT3 mutate, fedratinib ha mostrato di bloccare la fosforilazione delle proteine STAT3/5, che agiscono come trasduttori del segnale e attivatori della trascrizione, inibire la proliferazione cellulare e indurre la morte cellulare apoptotica.

In modelli animali di malattia mieloproliferativa dipendente dalla mutazione V617K di JAK2, fedratinib ha bloccato la fosforilazione di STAT3/5, aumentato la sopravvivenza e migliorato i segni associati alla malattia, tra cui la riduzione della conta leucocitaria, dell’ematocrito, della splenomegalia e della fibrosi).

Sottoanalisi degli studi JAKARTA e JAKARTA2 presentate all’EHA
«Al congresso dell’EHA sono stati presentati alcuni studi in cui si è proceduto a una rianalisi dei criteri di risposta che si avvicinano di più al vero e alcuni studi in cui si sono valutati aspetti diversi, come l’utilizzo delle risorse economiche, oltre che uno studio relativo alla sicurezza a lungo termine di fedratinib» ha spiegato Vannucchi.

Lo studio JAKARTA
JAKARTA è uno studio multicentrico di fase 3, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, nel quale si è valutata l’efficacia di due dosi orali giornaliere di fedratinib (400 mg in 96 pazienti o 500 mg in 97 pazienti) rispetto al placebo (96 pazienti) in soggetti con mielofibrosi post-policitemia o mielofibrosi conseguente a trombocitemia essenziale con splenomegalia, non trattati in precedenza con ruxolitinib.

In questo studio, il farmaco somministrato alla dose da 400 mg/die, è risultato associato a un miglioramento significativo del tasso di risposta nella riduzione del volume della milza (SVRR) e dei sintomi alla fine del ciclo (EOC) 6, rispetto al placebo.

Lo studio JAKARTA2
JAKARTA2 è, invece, uno studio multicentrico di fase 2, in aperto, a singolo braccio, in cui si è valutata l’efficacia di fedratinib in singola dose giornaliera (dose iniziale 400 mg, che poteva essere aumentata a seconda della risposta secondo il giudizio del clinico) in 97 pazienti precedentemente trattati con ruxolitinib, ma che erano risultati intolleranti al farmaco o avevano mostrato una progressione della malattia dopo la terapia.

I partecipanti avevano una diagnosi di mielofibrosi primaria a rischio intermedio-1 con sintomi, intermedio-2 o elevato, oppure mielofibrosi post-policitemia vera o mielofibrosi post-trombocitopenia essenziale.

In questo studio, all’ECO6, l’SVRR con fedratinib è risultata pari al 31% e il tasso di risposta come miglioramento dei sintomi pari al 27%.

Analisi combinata dei dati di efficacia degli studi JAKARTA e JAKARTA2
La prima delle analisi su fedratinib presentate al congresso europeo ha riguardato i pazienti dello studio JAKARTA assegnati al trattamento con fedratinib 400 mg/die oppure un placebo e tutti i pazienti arruolati nello studio JAKARTA2 a cui era stata somministrata una dose iniziale di fedratinib 400 mg/die in cicli continui di 28 giorni.

Obiettivo dell’analisi, era valutare il momento di esordio della riduzione delle dimensioni della milza e del miglioramento dei sintomi in questi pazienti, valutando le dimensioni della milza tramite palpazione, al basale e alla fine di ciascun ciclo di trattamento.

La risposta splenica è stata definita come una riduzione almeno del 50% delle dimensioni della milza alla palpazione per i pazienti con dimensioni dell’organo al basale maggiori o uguali a 10 cm dal margine costale sinistro, oppure una riduzione tale da portare a una milza non palpabile per pazienti con dimensioni della milza al basale maggiori di 5-10 cm (criteri IWG-MRT6).

I sintomi riportati dai pazienti sono stati valutati utilizzando il questionario di valutazione dei sintomi della mielofibrosi (Myelofibrosis Symptom Assessment Form MFSAF) modificato, che valuta sudorazione notturna, sazietà precoce, prurito, dolore sotto le costole sul lato sinistro, disagio addominale e dolore osseo/muscolare. La risposta relativa ai sintomi è stata definita come una riduzione maggiore o uguale al 50% del punteggio totale dei sintomi (TSS) del MFSAF rispetto al basale.

I risultati dei pazienti dello studio JAKARTA 
Il MFSAF è stato sottoposto a 89 pazienti in trattamento con fedratinib (93%) e a 81 pazienti trattati con placebo (84%). È stato osservato un rapido miglioramento delle dimensioni della milza e del TSS già dopo il primo ciclo di trattamento con fedratinib (EOC1), con ulteriori miglioramenti al secondo ciclo (EOC2), che si sono mantenuti anche in quelli successivi.

All’EOC2, i pazienti nel braccio fedratinib 400 mg hanno mostrato una riduzione mediana delle dimensioni della milza del 40% (range: da –100% a +12%) rispetto al basale, mentre le dimensioni dell’organo sono rimaste invariate rispetto al basale (0%, range da –71% a +160%) nei pazienti nel braccio placebo.

I tassi di risposta splenica e di risposta relativa ai sintomi sono risultati superiori nei pazienti trattati con fedratinib 400 mg rispetto a quelli trattati con placebo, ad ogni visita, fino al sesto ciclo di trattamento (EOC6) (P <0,001).



I risultati dei pazienti dello studio JAKARTA2
Il questionario MFSAF è stato sottoposto anche a 93 pazienti (il 96%) arruolati nello studio JAKARTA2. Anche in questo caso, come nei pazienti dello studio JAKARTA, si sono osservati miglioramenti delle dimensioni della milza e del TSS sono stati al termine del primo ciclo di trattamento e si sono mantenuti durante tutti i cicli successivi.

All'EOC2, le dimensioni mediane della milza si sono ridotte del 39% (range da –100% a + 10%) rispetto al basale ed il 31% dei pazienti ha ottenuto una risposta splenica.

La riduzione mediana del TSS alla fine di ogni ciclo di trattamento è risultata coerente con le riduzioni della dimensione della milza, inoltre, il tasso di risposta relativo alla riduzione dei sintomi all’EOC2 è risultato del 34%.

Questa analisi dimostra che un trattamento precoce con fedratinib (400 mg), sia nei pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio/elevato naïve agli inibitori orali di JAK, sia nei soggetti trattati in precedenza con ruxolitinib, ha portato a una riduzione delle dimensioni della milza e a un miglioramento dei sintomi sin dai primi cicli di trattamento e il beneficio si è mantenuto fino al termine della terapia.


Analisi dell’utilizzo delle risorse sanitarie nello studio JAKARTA
Un’ulteriore analisi presentata al convegno ha riguardato l'utilizzo delle risorse sanitarie da parte dei pazienti arruolati nello studio JAKARTA che hanno ricevuto fedratinib 400 mg/die o il placebo.

Obiettivo degli autori era valutare la frequenza e la durata dei ricoveri e la frequenza delle visite al pronto soccorso. In particolare, è stata valutata la percentuale dei pazienti che necessitavano di uno o più ricoveri in ospedale o al pronto soccorso nel periodo compreso tra il basale e il sesto ciclo di trattamento, confrontando i due gruppi mediante testi di Fisher. La durata dell’ospedalizzazione è stata calcolata dalla data di ricovero alla data di dimissione. Per i pazienti con ricoveri multipli, la durata è stata calcolata come la somma di tutti i giorni trascorsi in ospedale.

I risultati dello studio

Sono stati analizzati i dati di 96 pazienti trattati con fedratinib 400 mg/die e 96 soggetti trattati con placebo. I pazienti al basale mostravano caratteristiche comparabili tra i due gruppi.

L'esposizione mediana al trattamento durante l'intero studio è stata di 62 settimane (range: 1-92 settimane) nel braccio fedratinib e 24 settimane (range: 2-44 settimane) nel braccio placebo. L'esposizione cumulativa è stata di 95,7 anni-paziente con  fedratinib e 36,0 anni-paziente con il placebo.

Il trattamento con fedratinib è risultato associato a tassi più bassi di ricoveri in ospedale e accessi in pronto soccorso rispetto al placebo. I pazienti che hanno richiesto uno o più ricoveri in ospedale sono stati 21 (il 22%) nel braccio trattato con l’inibitore e 25 (il 26%) nel braccio di controllo (P = 0,61), mentre quelli che hanno richiesto una o più visite in pronto soccorso sono stati rispettivamente 9 (il 9%) e 14 (il 15%) (P = 0,37).

Durante l'intero periodo di studio, ci sono stati 49 ricoveri e 12 visite al pronto soccorso nel braccio fedratinib, rispetto a 40 ricoveri e 18 visite al pronto soccorso nel braccio placebo (i pazienti hanno ricevuto solo il placebo fino al sesto ciclo di trattamento).

I tassi di ricovero in ospedale e di visite al pronto soccorso, aggiustati per l’esposizione al trattamento durante l'intero periodo di studio sono risultati significativamente più bassi nel braccio trattato con fedratinib. Tra i pazienti che hanno richiesto uno o più ricoveri ospedalieri, la durata mediana dell’ospedalizzazione era di 9 giorni (intervallo inter quartile [IQR] 4, 17) con fedratinib e di 5 giorni (2, 10) con placebo.

Nelle analisi di regressione univariata, le stime puntuali delle percentuali di pazienti che hanno necessitato di uno o più ricoveri o accessi al pronto soccorso (fino all’EOC6) e le durate del ricovero (durante l’intero periodo di studio) sono risultate tutte a favore di fedratinib, ma senza differenze significative tra i due gruppi di trattamento.

L’analisi dimostra che nei pazienti dello studio JAKARTA trattati con fedratinib 400 mg/die i tassi di ospedalizzazione e accessi al pronto soccorso sono stati significativamente più bassi rispetto ai pazienti di controllo e che i benefici clinici offerti da fedratinib in termini di riduzione del volume della milza e miglioramento dei sintomi non si sono tradotti in un aumento dell’utilizzo di risorse sanitarie.




Nuovi dati sulla sicurezza a lungo termine di fedratinib
Infine, al congresso sono stati presentati dati sulla sicurezza a lungo termine di fedratinib, provenienti da uno studio di estensione di fase 1/2 (TED12015; NCT00724334) seguito a un trial disegnato per l’identificazione della dose del farmaco (TED12037; NCT00631462).

In quest’analisi, gli autori hanno valutato sicurezza e tollerabilità a lungo termine dell’inibitore di JAK2 nei pazienti sotttoposti ad almeno 24 cicli di trattamento negli studi TED12037 e TED12015.

Questi studi in aperto hanno arruolato pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio/alto post-policitemia vera o post-trombocitemia essenziale.

Nello studio TED12037, fedratinib è stato somministrato a dosi comprese tra 30 e 800 mg/die per un massimo di 6 cicli di trattamento continui di 28 giorni. I pazienti che ottenevano la remissione completa o parziale, o un miglioramento clinico o la stabilizzazione della malattia (secondo i criteri di risposta IWG-MRT) dopo 6 cicli di trattamento potevano entrare nello studio di estensione TED12015, dove venivano trattati con la dose di fedratinib ricevuta nello studio TED12037 e potevano continuare il trattamento fino alla ricaduta di malattia o alla comparsa di una tossicità inaccettabile.

La sicurezza è stata valutata mediante la segnalazione di eventi avversi associati al trattamento, valutati in intervalli di 6 cicli fino al 36° ciclo e collettivamente dopo più di 36 cicli.

Gli eventi avversi tardivi di particolare interesse (quelli, cioè, che esordivano dopo il 24° ciclo di terapia) erano l’insufficienza cardiaca o la cardiomiopatia, le infezioni severe od opportunistiche e gli eventi neurologici.

Pazienti valutati

La coorte a lungo termine, quella sottoposta a 24 o più cicli di fedratinib in entrambi gli studi, comprendeva 28 pazienti. La causa più comune di interruzione del trattamento in questa coorte è risultata la decisione dello sperimentatore (10 casi).

Nei 31 pazienti trattati con meno di 24 cicli, invece, le motivazioni più comuni di interruzione di fedratinib sono state la decisione dello sperimentatore (11 casi), ma anche gli eventi avversi (11 casi) e il ritiro del consenso (7).
Le caratteristiche basali erano generalmente simili nei 59 pazienti arruolati e nei 28 della coorte trattata a lungo termine.

L'età mediana nella coorte a lungo termine era di 62,5 anni (range: 43-82), il 68% dei pazienti aveva una mielofibrosi primaria, il 68% aveva una mielofibrosi a rischio intermedio e l'89% era positivo alla mutazione JAK2.

Esposizione al trattamento
La durata mediana del trattamento nella coorte a lungo termine è stata di 46 cicli (range: 25–72). L'esposizione totale a fedratinib è stata di 100,6 paziente-anni. La dose mediana di farmaco è risultata di 462 mg/die (range: 283-800) e il tasso globale di compliance del 98% (80% –100%). La dose mediana di fedratinib al 24° ciclo era di 440 mg/die (range: 200-680).

Risultati di sicurezza
Le frequenze degli eventi avversi correlati al trattamento sono state maggiori durante i primi 6 cicli (cioè durante la fase di identificazione della dose) e generalmente sono diminuite o rimaste stabili nei cicli successivi.
Gli eventi avversi più comuni emersi durante il trattamento e riportati dopo il 24° ciclo sono stati quelli ematologici e gastrointestinali, che hanno avuto comunque incidenze inferiori rispetto ai primi cicli di trattamento.

Gli eventi avversi emersi durante il trattamento di grado 3/4 riportati in più di un paziente dopo il 24° ciclo sono stati trombocitopenia, anemia, neutropenia e polmonite.

Pochi pazienti hanno manifestato insufficienza cardiaca a insorgenza tardiva o cardiomiopatia emergente, infezioni gravi o opportunistiche o eventi neurologici.

L'unico evento avverso emerso durante il trattamento di tipo infettivo e osservato per la prima volta in più di un paziente dopo il 24° ciclo è stato la polmonite, segnalata cinque volte in quattro pazienti trattati con dosi di fedratinib pari a 440-600 mg/die; tutti gli eventi sono stati di grado 3/4 e due sono stati considerati probabilmente correlati al farmaco in studio.

Un paziente ha manifestato un evento avverso neurologico tardivo di grado 3/4, una nevralgia post-erpetica di grado 3, al 36° ciclo. L'evento non è stato considerato correlato al trattamento e non ha richiesto una riduzione del dosaggio o l’interruzione della terapia.

Inoltre, non è stato segnalato nessun caso sospetto di encefalopatia di Wernicke.

F. Passamonti, et al. Early onset of spleen and symptom responses with fedratinib (FEDR) in patients with intermediate- or high-risk myelofibrosis (MF). EHA 2020; abstract EP1109.
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R. Mesa, et al. Healthcare resource utilization (HRU) in the randomized, placebo-controlled, phase III JAKARTA study of fedratinib (FEDR) in patients with intermediate- or high-risk myelofibrosis (MF). EHA 2020; abstract EP1740.
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A. Pardanani, et al. Long-term safety of fedratinib in patients with intermediate- or high-risk myelofibrosis (MF). EHA 2020; abstract EP1096.
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