Pubblicati sul “New England Journal of Medicine” i risultati definitivi dello studio ELIPSE HoFH: si è confermato che, nei pazienti con ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH) che ricevevano dosi massime di terapia ipolipemizzante, la riduzione dal basale del livello di colesterolo LDL nel gruppo evinacumab, rispetto al piccolo aumento nel gruppo placebo, ha portato a una differenza tra i gruppi di 49,0 punti percentuali a 24 settimane.
Le varianti genetiche del recettore LDL e dell’angiopoietina-simile 3
«L’HoFH è caratterizzata da una malattia cardiovascolare prematura causata da livelli marcatamente elevati di colesterolo LDL (lipoproteine a bassa densità). Questo disturbo è associato a varianti genetiche che determinano un'attività del recettore LDL virtualmente assente (null-null) o ridotta (non-null)» spiegano gli autori, guidati da Frederick J. Raal, dell’University of the Witwatersrand, Johannesburg (SudAfrica).

L'angiopoietina-simile 3 (ANGPTL3) è un inibitore delle lipoproteine e della lipasi endoteliale e svolge un ruolo chiave nel metabolismo dei lipidi aumentando i livelli di trigliceridi e altri lipidi. Le varianti con perdita di funzione di ANGPTL3 sono state associate a bassi livelli sia di colesterolo LDL che di trigliceridi e con un rischio inferiore del 41% di malattia coronarica, nonostante la presenza di bassi livelli di lipoproteine ad alta densità (HDL) di colesterolo.

Il meccanismo d’azione del farmaco
Entrambe le varianti con perdita di funzione ANGPLT3 sia l’inibizione farmacologica ANGPTL3 riducono i l ivelli di colesterolo LDL indipendentemente dal recettore LDL.

«Evinacumab, un anticorpo monoclonale completamente umano contro l’ANGPTL3, ha mostrato un potenziale beneficio nei pazienti con HoFH» spiegano gli autori.

La metodologia dello studio
In questo studio di fase 3 in doppio cieco, controllato con placebo, svolto in 30 Centri in 11 Paesi, gli autori hanno assegnato in modo randomizzato, in un rapporto 2:1, 65 pazienti con HoFH che stavano ricevendo una terapia ipolipemizzante stabile per ricevere un'infusione endovenosa di evinacumab (a una dose di 15 mg per chilogrammo di peso corporeo) ogni 4 settimane o placebo.

L'outcome primario era la variazione percentuale rispetto al basale del livello di colesterolo LDL alla settimana 24.

I risultati di maggior rilievo
«Il livello di colesterolo LDL medio al basale nei due gruppi era di 255,1 mg/dL, nonostante la ricezione di dosi massime di terapia ipolipemizzante di base» riportano Rall e colleghi.

Alla settimana 24, i pazienti nel gruppo evinacumab hanno avuto una riduzione relativa dal basale del livello di colesterolo LDL del 47,1%, rispetto a un aumento dell'1,9% nel gruppo placebo, per una differenza media dei minimi quadrati tra i gruppi di -49,0 punti percentuali ( intervallo di confidenza al 95% [IC], da -65,0 a -33,1; P <0,001).

La differenza assoluta media dei minimi quadrati tra i gruppi nel livello di colesterolo LDL era -132,1 mg per decilitro (IC al 95%, da -175,3 a -88,9; P <0,001).

Il livello di colesterolo LDL era inferiore nel gruppo evinacumab rispetto al gruppo placebo nei pazienti con varianti null-null (-43,4% vs. +16,2%) e in quelli con varianti non-null (-49,1% vs. -3,8%). Gli eventi avversi erano simili nei due gruppi.

Queste riduzioni sono state ottenute indipendentemente dall'uso di ampie terapie lipidiche di base con o senza aferesi.

L'interpretazione clinica dei dati
In questa popolazione di pazienti, le terapie attualmente disponibile generalmente non riducono I livelli di colesterolo LDL a quelli consigliati dalle linee guida, quindi sono necessarie nuove terapie, sottolineano gli autori.

«In questi pazienti» precisano «le statine e gli inibitori di PCSK9, che hanno un meccanismo di azione che dipende in gran parte dall'aumento della funzione del recettore LDL, hanno dimostrato di ridurre i livelli di colesterolo LDL di circa il 20-30%, con effetti minimi o nulli nei soggetti con omozigosi null– null.

«È ben noto che I livelli di colesterolo LDL predicono il rischio cardiovascolare e il beneficio cardiovascolare dalle terapie ipolipemizzanti è proporzionale alla riduzione assoluta del livello di colesterolo LDL» ricordano Raal e colleghi.

«Il nostro studio non è stato progettato per valutare l’effetto del trattamento su una riduzione clinica di eventi, ma la riduzione assoluta dei livelli di colesterolo LDL era sostanziale» spiegano.

«Inoltre» aggiungono i ricercatori «studi genetici sulle varianti con perdita di funzione di ANGPTL3 supportano il concetto che l'inibizione di ANGPTL3 dovrebbe ridurre sia i livelli di colesterolo LDL che gli eventi cardiovascolari, nonostante una concomitante riduzione dei livelli di colesterolo HDL».

Alcuni pazienti con HoFH sono trattati con aferesi, una terapia invasiva che ha un effetto considerevole su costi sanitari e qualità della vita. «Nel nostro studio evinacumab ha fornito una riduzione simile dei livelli di colesterolo LDL, indipendentemente dal fatto che i pazienti fossero trattati con l'aferesi e il trattamento con aferesi non influiva in modo significativo sui livelli plasmatici di evinacumab» riportano gli autori.

Da sottolineare, inoltre, che riduzioni dei livelli di colesterolo LDL e apolipoproteina B dal basale alla settimana 24 sono stati osservati con evinacumab sia nei pazienti con varianti null–null e in quelli con varianti non-null.

«Questo risultato è importante» commentano gli autori «perché i pazienti con varianti null-null hanno un maggiore rischio cardiovascolare e sono meno sensibili a terapie che dipendono dall'attività dei recettori LDL rispetto a quelli con varianti non-null».

«In conclusione, in questo studio di fase 3, evinacumab ha sostanzialmente abbassato i livelli di colesterolo LDL in pazienti con HoFH, indipendentemente dal grado della loro funzione del recettore LDL».

Riferimento bibliografico:
Raal FJ, Rosenson RS, Reeskamp LF, et al. Evinacumab for Homozygous Familial Hypercholesterolemia. N Engl J Med. 2020;383(8):711-720. doi:10.1056/NEJMoa2004215
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