Da oggi, i pazienti italiani con Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) da precursori delle cellule B, forma aggressiva di Leucemia che colpisce bambini e adulti, hanno nuove opportunità per beneficiare di periodi sempre più lunghi liberi da malattia, fino alla sua possibile eradicazione completa.

L’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, ha approvato due estensioni delle indicazioni di blinatumomab, farmaco che si avvale dell’avanzata piattaforma immuno-oncologica BiTE (Bispecific T-cell Engager) messa a punto da Amgen, e che adesso può essere utilizzato su due nuovi gruppi di pazienti: il primo gruppo sono gli adulti con LLA originata da precursori delle cellule B (con espressione della molecola CD19 sulla superficie delle cellule leucemiche e negativa per il cromosoma Philadelphia), per il trattamento della Malattia Residua Minima (MRD), vale a dire per debellare le cellule invisibili alla valutazione al microscopio ottico, che possono permanere anche quando la malattia non dà più sintomi e i parametri sono rientrati nella norma, aumentando il rischio di ricadute.

Inoltre, blinatumomab potrà essere essere utilizzato per il trattamento di pazienti pediatrici di età pari o superiore a 1 anno con LLA originata da precursori delle cellule B (con espressione della molecola CD19 sulla superficie delle cellule leucemiche e negativa per il cromosoma Philadelphia) quando la malattia si ripresenta o non regredisce dopo due precedenti linee di trattamento o dopo essere stati sottoposti a trapianto di cellule staminali.

La decisione di AIFA segna un nuovo importante successo per la tecnologia BiTE®, su cui si basa blinatumomab, capostipite degli anticorpi a doppio bersaglio, farmaci che potenziano l’attività antitumorale del sistema immunitario: la loro caratteristica è di legarsi contemporaneamente a due bersagli, costruendo un “ponte” che connette le cellule T, gli agenti più potenti del sistema immunitario, alle cellule tumorali bersaglio. Grazie a questo “ponte”, le cellule T possono agire a distanza ravvicinata sulle cellule tumorali, riconoscendole, legandosi ad antigeni specifici e rilasciando molecole che ne provocano la morte.  

In Europa vengono diagnosticati ogni anno circa 7.000 nuovi casi di Leucemia Linfoblastica Acuta, un tumore del sangue che colpisce i precursori dei linfociti, un particolare tipo di globuli bianchi deputati a combattere le infezioni e altri tipi di malattia1. Nelle persone colpite da LLA si verifica una crescita incontrollata di globuli bianchi immaturi nel midollo osseo, a discapito di altre cellule del sangue. La LLA originata da precursori delle cellule B è la forma più comune di Leucemia Linfoblastica Acuta sia nei bambini sia negli adulti.

«La LLA è dovuta ad alterazioni geniche accertate nella gran parte dei casi. La cellula linfoblastica prolifera perché è portatrice di anomalie nei sistemi genici che regolano la crescita e la proliferazione cellulare; diversi tipi di questa malattia esprimono diversi livelli di alterazioni – spiega Renato Bassan, Direttore UO di Ematologia, AULSS3 Serenissima – è una patologia che se non viene trattata può portare al decesso nel giro di giorni o settimane. L’incidenza di questa patologia, che è sostanzialmente abbastanza rara e si osserva più frequentemente nei bambini, meno negli adulti, nel soggetto adulto tra i 20 e i 70 anni non arriva a un nuovo caso per 100.000 persone per anno».

Le terapie oggi disponibili permettono a un numero sempre maggiore di pazienti con LLA da precursori delle cellule B di arrivare a una situazione di Remissione Completa, nella quale la malattia è di fatto non rilevabile con gli strumenti tradizionali.

In circa il 30% dei pazienti adulti con LLA da precursori delle cellule B anche dopo la remissione permane un residuo di malattia (Malattia Residua Minima, MRD – Minimal Residual Disease), ovvero un piccolo numero di cellule leucemiche rilevabili solo con tecniche di citofluorimetria o di biologia famolecolare e potenzialmente in grado di dar vita a una ripresa/recidiva di malattia. Per questi pazienti la sopravvivenza globale mediana è di circa 2 anni2-3.
Dai risultati emersi dallo studio BLAST, il più vasto studio prospettico mai condotto finora sulla LLA MRD-positiva, oltre la metà dei pazienti che avevano ottenuto una negativizzazione della MRD dopo il primo ciclo di trattamento con blinatumomab era ancora in vita a 5 anni.

Il trattamento della Malattia Residua Minima è considerato la premessa per arrivare in futuro all’eradicazione della LLA in pazienti in remissione completa. Blinatumomab è la prima e unica terapia ad aver ricevuto questa approvazione regolatoria a livello globale.

«Essere portatori di Malattia Residua Minima fino ad oggi significava per il paziente avere una prognosi sfavorevole perché non c’erano farmaci in grado di eradicare il residuo di malattia rilevabile solo a livello citofluorimetrico o molecolare – dichiara Robin Foà, Professore Ordinario di Ematologia, Università La Sapienza di Roma – oggi abbiamo blinatumomab, il primo farmaco approvato per il trattamento della Malattia Residua Minima nei pazienti con LLA da precursori delle cellule B, e questo significa ridurre il rischio di ricadute di malattia, aumentare le probabilità di sopravvivenza a lungo termine e rendere molti pazienti maggiormente idonei a sottoporsi ad un trapianto allogenico di cellule staminali».

La LLA rappresenta la più frequente leucemia dell’età pediatrica, con un picco di incidenza nei pazienti di età tra i 2 e i 5 anni. Si stima che ogni anno in Europa almeno 5.000 bambini ricevano una diagnosi di Leucemia Linfoblastica Acuta, di cui 400 in Italia.

L’approvazione per l’uso di blinatumomab anche nel nostro Paese rende disponibile una fondamentale opzione terapeutica per questo gruppo di pazienti, considerando che il 91% dei pazienti pediatrici rispondenti al trattamento con blinatumomab raggiunge uno status di negatività alla Malattia Residua Minima, e questo permette di procedere tempestivamente al trapianto, con maggiori possibilità di risultati clinici positivi.

«Blinatumomab è un farmaco pronto all’uso che permette di trattare con tempestività i pazienti pediatrici, affetti da Leucemia Linfoblastica Acuta originata dai precursori dei B linfociti, che abbiano sviluppato una malattia refrattaria ai trattamenti convenzionali o che siano ricaduti nonostante l’impiego di due precedenti terapie. In questi pazienti, le chance di recupero erano fino ad oggi marcatamente basse – spiega Franco Locatelli, Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia, Terapia Cellulare e Genica, IRCCS Ospedale Bambino Gesù di Roma – da adesso, abbiamo a disposizione un’arma in più e blinatumomab rappresenta uno dei maggiori esempi di successo dell’immunoterapia, una forma innovativa di trattamento che sta rivoluzionando l’oncologia pediatrica dando nuove speranze alle famiglie».

Gli anticorpi BiTE agiscono legandosi a due molecole contemporaneamente, un recettore sulle cellule T, e uno su una cellula tumorale. Gli anticorpi BiTE sono disegnati per portare le cellule T in stretta prossimità di cellule tumorali, consentendo alle cellule T di riconoscere queste ultime e distruggerle. Gli anticorpi bispecifici BiTE® sono attualmente allo studio per diversi altri tumori, sia ematologici sia solidi. Tra questi, anche neoplasie particolarmente aggressive e difficili da trattare, come il mieloma multiplo, il tumore alla prostata, il glioblastoma e il carcinoma polmonare a piccole cellule.