L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una malattia neuromuscolare rara, caratterizzata dalla perdita dei motoneuroni. Di conseguenza, la patologia provoca debolezza e atrofia muscolare progressiva, che interessa, in particolar modo, gli arti inferiori e i muscoli respiratori.
Di questa gravissima malattia e delle novità in terapia in grado di modificarne in maniera sostanziale il decorso si è parlato durante il webinar “Atrofia muscolare spinale: storia clinica e rivoluzione terapeutica”, tenutosi lo scorso 29 settembre. Facciamo il punto dei tanti temi trattati.

Classificazione della SMA
Il nome "atrofia muscolare spinale" unisce un gruppo di patologie che sono al momento classificate in quattro possibili varianti in relazione all’età di esordio e alla gravità dei sintomi.
Nella quasi totalità dei casi, la malattia è causata da mutazioni nel gene SMN1, che codifica per la proteina SMN (Survival Motor Neuron), essenziale per la sopravvivenza e il normale funzionamento dei motoneuroni. I pazienti affetti da SMA hanno un numero variabile di copie di un secondo gene, SMN2, che codifica per una forma accorciata della proteina SMN, dotata di una funzionalità ridotta rispetto alla proteina SMN completa (quella codificata dal gene SMN1 sano). Il numero di copie del gene SMN2 è quindi alla base della grande variabilità della patologia, con forme più o meno gravi e un ventaglio sintomatico molto ampio.
La forma di tipo 1 o malattia di Werdnig-Hoffman è la forma più grave, compare entro i 6 mesi di vita e compromette l'acquisizione delle capacità motorie, la respirazione e la deglutizione; in assenza di cure, questi bambini fin dai primi mesi di vita non perdono solo la capacità di movimento degli arti e del tronco, ma vanno incontro anche a problemi respiratori e di deglutizione.
In assenza di trattamenti, la sopravvivenza di questi bambini, nel 90% dei casi, non raggiunge i 20 mesi, con una condizione di declino costante e assenza di miglioramenti o anche solo di stabilizzazione.
"Il ritardo diagnostico è uno dei problemi maggiori di questa malattia" ha dichiarato Giuseppe Vita, U.O.C: di Neurologia e Malattie Neuromuscolari, Dipartimento di Neuroscienze, A.O.U. Policlinico "G. Martino", Messina.
I pazienti con SMA di tipo 2 presentano, generalmente, un maggior numero di copie del gene SMN2, producono maggiori quantità di SMN e quindi presentano varianti meno severe della condizione. Questa forma compare tra i 6 e i 18 mesi di vita; il bambino è in grado di star seduto ma non di camminare.
La forma di tipo 3, o malattia di Kugelberg-Welander, compare di solito dopo i 12 mesi di vita (solitamente tra l'infanzia e l'adolescenza); in questo caso il bambino può arrivare a camminare senza ausili, anche se questa capacità spesso veniva persa durante l'adolescenza.
La SMA di tipo 4, infine, esordisce in età adulta e rappresenta, in assoluto, la forma meno grave di atrofia muscolare spinale.

Le nuove terapie
Trattandosi di una malattia degenerativa, è intuibile l’importanza di una cura soprattutto per le forme più gravi. Fino a poco tempo fa, il trattamento della SMA era esclusivamente sintomatico, basato su approcci multidisciplinari e finalizzato a migliorare la qualità di vita dei pazienti.

La situazione sta ora cambiando radicalmente, un farmaco è già disponibile e altri stanno entrando in commercio.
Questi farmaci agiscono sulla produzione della proteina SMN, con due diversi meccanismi. Nusinersen e risdiplam tendono a migliorare la quantità di proteina funzionale prodotta dal gene SNM2, mentre onasemnogene è una terapia genica che agisce direttamente sul gene SMN1 (Fig. 1).


Figura 1. Principali approcci terapeutici disponibili e loro meccanismi di azione.
Da: Messina S, Sframeli M. New Treatments in Spinal Muscular Atrophy: Positive Results and New Challenges. J Clin Med. 2020;9(7):2222. Published 2020 Jul 13. doi:10.3390/jcm9072222

Nusinersen
Nusinersen è il primo farmaco specifico per questa patologia ad essere stato messo in commercio ed è disponibile nel nostro Paese da un paio di anni. È in grado di agire sui meccanismi patogenetici della SMA e non è solo un sintomatico e per questo motivo ha cambiato radicalmente la storia della malattia. Per la prima volta sono stati osservati miglioramenti significativi nello sviluppo motorio e nella riduzione del rischio di morte nei bambini.
Diversi studi hanno dimostrato l'efficacia di nusinersen senza alcun evento avverso importante correlato al farmaco. Gli oligonucleotidi antisenso non attraversano la barriera emato-encefalica, pertanto in tutti gli studi clinici nusinersen è stato somministrato per via intratecale con una frequenza di quattro volte nell'arco di due mesi nel periodo di carico iniziale e ogni quattro mesi nel periodo di mantenimento.

Per nusinersen, sono disponibili anche i primi risultati in real world, che hanno dimostrato l'efficacia sia in bambini SMA 1, sia nelle altre forme e in persone di diverse fasce d'età, compresi gli adulti.

Uno studio condotto su 85 pazienti con SMA 1 (di età compresa tra due mesi e 15 anni) dopo un anno di trattamento ha osservato un miglioramento su entrambe le scale funzionali, CHOP-INTEND e HINE-2 per l’intero gruppo (p <0,001) e nei sottogruppi con due e tre copie di SMN2 (p <0,001). La differenza è stata trovata non solo nei pazienti di età inferiore a 210 giorni al basale (p <0,001), ma anche in quelli di età inferiore a cinque anni (utilizzando la scala CHOP-INTEND) e di età inferiore a due anni (usando la scala HINE-2).
Nusinersen ha aumentato la sopravvivenza senza supporto ventilatorio permanente nei bambini con SMA di tipo 1. I miglioramenti nella SMA di tipo 2 e 3 erano meno evidenti. Risultati migliori sono stati osservati nei bambini piccoli con una breve durata della malattia, in particolare nei bambini che ricevevano nusinersen prima della comparsa dei sintomi. Se somministrato agli adulti con SMA 3 e 4, nusinersen ha migliorato la forza della presa della mano e la funzione motoria della mano.
Sono oltre 10.000 le persone trattate nel mondo con un ottimo profilo di safety, anche a lungo termine (fino a 7 anni).

Risdiplam 
Se nusinersen ha una via di somministrazione intratecale che limita il suo effetto ai motoneuroni del sistema nervoso centrale, la distribuzione sistemica dimostrata negli studi preclinici con risdiplam con somministrazione orale consente di ipotizzare un possibile effetto in altri tessuti. Inoltre la somministrazione orale è compatibile anche con alcune condizioni cliniche, come la scoliosi grave, che rendono difficili altre vie di somministrazione.

Studi preclinici hanno dimostrato che risdiplam può raggiungere il sistema nervoso centrale e gli organi periferici in vivo e può portare a un aumento significativo della proteina SMN nel sangue, nel cervello e nei muscoli. La sopravvivenza libera da eventi è notevolmente migliorata nei bambini con SMA 1 trattati con risdiplam rispetto alla storia naturale. I pazienti trattati hanno mostrato un miglioramento significativo in HINE-2 e CHOP-INTEND dopo 12 mesi. La capacità di deglutizione e alimentazione è stata mantenuta dalla maggior parte dei bambini. I risultati nelle altre forme della malattia sono in linea con quelli della SMA 1. Caregiver e pazienti (se maggiori di 12 anni) del gruppo trattato con il farmaco hanno riportato un miglioramento nell'indipendenza durante il completamento delle attività della vita quotidiana.

Uno dei vantaggi di questo farmaco è la via di somministrazione orale.

Terapia genica
"La terapia genica si propone di andare alla radice del problema, di introdursi a fianco al gene malato per produrre una proteina funzionale" ha dichiarato Eugenio Mercuri, Direttore dell’Unità Operativa Complessa Neuropsichiatria Infantile, Policlinico Gemelli, Roma, Fondazione Policlinico Universitario. È questo il caso di onasemnogene abeparvovec.

I risultati dei primi studi effettuati dimostrano l’efficacia della terapia. Il primo studio di fase 1 ha mostrato che tutti i bambini trattati hanno avuto una sopravvivenza superiore ai 20 mesi e dalle analisi di follow-up è emerso che tutti i bambini trattati sopravvivono ancora dopo 4 anni (Fig. 2).


Figura 2. Sopravvivenza libera da progressioni in un follow up a lungo termine

"È una lunga sopravvivenza, molto diversa dalla storia naturale della malattia. Ma l’effetto del farmaco non è solo sulla sopravvivenza; laddove nella storia naturale della malattia eravamo abituati a vedere punteggi funzionali in continuo calo, nei bambini trattati la linea dei punteggi funzionali tende verso l'alto, con un miglioramento della funzione. La maggior parte di questi bambini è in grado di star seduta autonomamente e anche la classificazione della malattia dovrebbe essere rivista, in quanto i bambini SMA 1 trattati sono ora in grado di star seduti da soli." ha dichiarato Mercuri.
Se nella storia naturale della malattia, nessuno bambino è in grado di raggiungere o mantenere un punteggio CHOP INTEND ≥ 40, questo viene ottenuto da quasi tutti i bambini nello studio STR1VE.

Il farmaco è normalmente somministrato dopo la diagnosi e questa, di norma, è successiva alla comparsa dei primi sintomi; questa tempistica comporta che siano già emersi i primi danni neurologici. È in corso uno studio per il suo utilizzo anche in pazienti presintomatici; i risultati ad interim sono già disponibili e mostrano che, se i bambini sono trattati prima della comparsa dei sintomi, presentano spesso uno sviluppo paragonabile a quello dei bambini coetanei. "Se trattati con il farmaco, stiamo iniziando a osservare che non solo questi bambini possono acquisire le capacità motorie, come lo stare in piedi o seduti, ma che queste capacità vengono acquisite anche a un’età simile a quello dei coetanei" ha dichiarato Mercuri.

Le altre terapie disponibili, come già detto sono sintomatiche, ma non si esclude al momento la possibilità di associare farmaci diversi con meccanismi d’azione diversi.

Lo screening neonatale
Gli ottimi risultati che sembra dare la terapia nel trattamento dei pazienti presintomatici rende fondamentale la necessità di identificare precocemente questi bambini e trattarli il prima possibile, in modo da consentire uno sviluppo paragonabile a quello dei loro coetanei. La diagnosi di SMA al momento si basa sulla storia e sull'esame clinico dei pazienti e può essere confermata tramite test genetici.

Una diagnosi precoce rende necessario uno screening di massa, perché solo in questo modo è possibile identificare i malati presintomatici. Lo screening neonatale, a livello nazionale, viene effettuato per patologie per le quali esista una terapia, per consentire di sfruttare i vantaggi connessi a una terapia iniziata in maniera precoce. In Italia è obbligatorio solo per tre malattie (fenilchetonuria, fibrosi cistica e ipotiroidismo congenito), anche se sono circa 40 le malattie che, a livello discrezionale nelle singole regioni, sono sottoposte a screening.



Uno studio pilota è in corso in Italia, nelle regioni Toscana e Lazio. Attraverso questo progetto pilota, ancora in corso, sono stati identificati 11 neonati nel periodo settembre 2019/marzo 2020 su 45.000 neonati analizzati; la prevalenza della malattia è quindi probabilmente maggiore di quella che si ipotizzava, anche se non esistono studi specifici al riguardo.

"Con lo screening neonatale abbiamo identificato 11 bambini; la media sembra essere scesa da 1 malato ogni 6-10.000 bambini, come riportano i testi, a 1 ogni 4.000. Stiamo parlando di una malattia rara, che tanto rara non è" – ha dichiarato Daniela Lauro, past-President Famiglie SMA – “Le forme più gravi di SMA 1 probabilmente non sopravvivevano ai primi mesi di vita, prima ancora di essere identificate, e per questo l'incidenza potrebbe essere inferiore a quella che stiamo riscontrando tramite analisi di massa. Da tempo ci impegniamo per avere accesso allo screening su base nazionale e possiamo dire che ci sono tutti i tasselli per inserirla nelle patologie previste dallo scrrening neonatale obbligatorio, in quanto esiste in commercio una terapia, ha una rete di supporto sul territorio (come i centri clinici Nemo) e un test affidabile per effettuare lo screening stesso."



La rete di supporto
I centri Nemo sono nati per la cura, l'assistenza e la ricerca per le malattie neuromuscolari e questi centri hanno dimostrato di essere un sistema efficace ed efficiente, anche perché le necessità delle famiglie di questi malati sono moltissime, dal bisogno di informazione ed educazione, a un percorso di assistenza su consulenza genetica, opzioni di trattamento e gestione di problemi e disfunzioni.

Quando viene comunicata la diagnosi di una malattia di questa portata, le risposte emotive e pratiche delle famiglie sono chiaramente le più variabili, sia nei tempi sia nelle modalità. La comunicazione deve essere infatti un processo che dura nel tempo, non tanto nei tempi di attesa, che devono essere il più brevi possibili, in quanto anche solo il tempo in sala di attesa in questi casi sembra un tormento, ma in relazione all’elaborazione della notizia, della successiva richiesta di chiarimenti e di eventuali secondi consulti, di riorganizzazione mentale e pratica delle proprie priorità e della vita familiare.

“Serve tempo per accettare la malattia, per fronteggiare la comunicazione; è un tempo variabile, dove ci sono numerose domande. L'equipe multidisciplinare, e lo psicologo presente al suo interno, può essere utile per supportare la famiglia a rielaborare la notizia e reinventarsi come famiglia” ha dichiarato Jacopo Casiraghi, Psicologo - Psicoterapeuta, Famiglie SMA.

Il tempo necessario ad accettare la malattia dipende anche dalla modalità con cui si è arrivati alla diagnosi stessa; quando un bambino inizia a presentare i primi sintomi, la famiglia si allarma e una eventuale diagnosi di malattia in questi casi è già stata messa in conto dalla famiglia, che vede il bambino comportarsi in modo diverso rispetto al comportamento dei bambini coetanei o dai fratellini. Diverso è il caso della diagnosi neonatale, in quanto questa viene vissuta come una vera e propria doccia fredda totalmente inaspettata. Proprio per supportare queste famiglie è nato un progetto sponsorizzato da Novartis Gene Therapy.

Questo progetto, iniziato peraltro quest’anno, in un momento storico per cui anche le comunicazioni cliniche sono spesso tornate a essere affidate al mezzo telefonico e non a un contatto umano, prevede un tutor che segua le famiglie e le accompagni rispetto alle scelte cruciali, sia quelle burocratiche, organizzative e sociali (come può essere l’ottenimento dei diritti della Legge 104), garantisca eventualmente un supporto economico, che può essere necessario per sostenere i viaggi necessari alla diagnosi e alle terapie, e solo alla fine offra un supporto psicologico, quando la famiglia sente di averne bisogno.