Facciamo scegliere la cura al Dr Watson
In Germania è operativo il sistema di intelligenza artificiale che elabora milioni di cartelle cliniche. Per scrivere la diagnosi di patologie di nicchia 7000 sindromi che un medico incontra al massimo una volta nella vita. E non riconosce
Repubblica Salute

ZURIGO - Lochiamano il “dr House tedesco”. Un uomo di mezza età con la barba bianca, l’aria rassicurante e il sorriso facile. Jürgen Schäfer mette però subito le mani avanti: «Non ho un carattere burbero come quello di Gregory House né sono altrettanto infallibile nelle diagnosi ». Lo incontriamo a Zurigo al centro di ricerca della Ibm, il primo aperto fuori dagli Stati Uniti nel 1956, che per una strana coincidenza è anche l’anno di nascita del dottor Schäfer. È una delle sedi dove si lavora a Watson, l’intelligenza artificiale che cinque anni fa vinse nel quiz show Jeopardy e che dal 2015 si dedica alla medicina. Ma Schäfer e il suo staff dell’università di Marburg, che opera in collaborazione con il Rhon-Klinikum Hospitals, hanno intenzione di spingersi ben oltre. Oggi annunciano di aver assunto Watson in pianta stabile, prenderà servizio nelle loro strutture ospedaliere da fine anno. «Chiunque venga ricoverato o esaminato, sarà sottoposto al suo giudizio», spiega lui.
Watson ha acquisito la vista negli ultimi due anni e, grazie agli algoritmi e alla facoltà di apprendere, sa distinguere i margini delle cose: la differenza fra due oggetti, un singolo tratto in un disegno, oppure quella fra due tessuti in una radiografia. Lo fa con precisione perché confronta in tempo reale quel che vede con un archivio sempre più vasto di altre radiografie, capendo immediatamente se si trova davanti ad un problema. E questo vale anche per i testi, quindi le cartelle cliniche: dai risultati delle analisi ai sintomi di un paziente. Per Jürgen Schäfer, se davvero Watson è così bravo, sarà un aiuto non da poco.
«Quando abbiamo aperto il reparto dedicato alla malattie rare, era il 2013, trattavamo circa duemila casi all’anno - racconta - oggi ne abbiamo seimila. Affrontiamo casi che normalmente un medico incontra una o due volte nella sua carriera. Sono settemila in tutto le malattie rare e spesso condividono i sintomi con migliaia di altre più frequenti. Ed è per questa ragione che in genere non vengono diagnosticate». Un suo collega, Tobias Muller, spiega come hanno fatto fino ad ora: ci si affidava alla consultazione della letteratura medica, della propria memoria ed esperienza e perfino a Wikipedia. Ora invece Watson in tempo reale svolgerà questo lavoro in una frazione del tempo restringendo il campo e consentendo una diagnosi molto più veloce se non immediata.
I computer cognitivi, come li chiamano qui alla Ibm, non solo riescono a processare una grande quantità di informazioni ma affinano le proprie capacità nel corso del tempo. Per farlo, però, hanno bisogno di essere allenati in partenza su una quantità di dati enorme. Il vero punto di forza di Watson è il catalogo di cartelle mediche in mano alla Ibm da agosto dello scorso anno, grazie all’acquisizione per un miliardo di dollari della Merge, la stessa che ha messo a punto una piattaforma per l’elaborazione delle immagini legate alla medicina usata in oltre settemila e cinquecento strutture negli Stati Uniti fra cliniche e ospedali. Grazie a questa banca dati, Watson ha dimostrato di esser capace di individuare nell’80 per cento dei casi un tumore da una radiografia. Soprattutto non si stanca. I radiologi in condizioni ottimali hanno un margine di errore del 30 per cento. Il problema però è che la loro capacità decresce con la fatica e questo vale anche per la diagnosi di malattie rare. In questo ultimo caso capita poi che i pazienti, che non hanno trovato una risposta al loro male, si presentino con cartelle cliniche da centinaia di pagine accumulate nel tempo. «L’ammontare di dati sta crescendo così rapidamente che nel 2020 prevediamo raddoppi globalmente ogni 73 giorni - nota il dottor Bernd Griewing del Rhon-Klinikum Hospitals - la tecnologia cognitiva non è solo utile nelle diagnosi, ma necessaria per assorbire e analizzare questa marea crescente di informazioni ». La collaborazione fra Ibm e Rhon-Klinikum va avanti da circa 12 mesi e diverrà prassi ospedaliera. Un primo passo di tanti che seguiranno. Secondo la società di analisi Deloitte il business legato alla medicina si aggirerebbe attorno agli otto trilioni di dollari quest’anno. Per le aziende impegnate nello sviluppo dell’intelligenza artificiale è un campo pieno di opportunità.
Fonte Repubblica.it Salute
URL: http://www.repubblica.it/salute/2016/10/18/news/facciamo_scegliere_la_cura_al_dr_watson-150026864/