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Tumore al colon: scoperto un meccanismo alla base della formazione delle metastasi
01/04/2021
Identificati due marcatori che inducono le cellule staminali tumorali del colon a sviluppare metastasi. Lo studio condotto dall’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Cnr di Napoli apre la strada a nuove terapie che colpendo tali fattori potrebbero eliminare selettivamente una specifica popolazione di cellule tumorali. I risultati della ricerca realizzata grazie al sostegno della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro sono stati pubblicati sulla rivista Theranostics
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb) ha identificato due marcatori molecolari che guidano le cellule staminali tumorali del colon verso lo sviluppo di metastasi. I risultati dello studio sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro sono pubblicati sulla rivista Theranostics. I dati raccolti aprono la strada a nuovi approcci terapeutici che colpendo tali fattori potrebbero eliminare selettivamente una specifica popolazione di cellule tumorali.
“Il tumore del colon-retto è attualmente la terza causa di morte nel mondo per cancro. Fra i principali fattori di rischio per la malattia vi sono l’età, una dieta poco varia e non equilibrata, il fumo ed errori casuali nel DNA che si verificano durante la divisione cellulare. Alcune delle mutazioni genetiche più frequenti in questo tipo di tumore possono causare una crescita cellulare incontrollata delle cellule stesse”, spiega Enza Lonardo del Cnr-Igb. “Nonostante negli ultimi decenni siano stati fatti considerevoli passi avanti nella comprensione della biologia dei tumori, l’efficacia dei trattamenti disponibili per la cura del tumore del colon-retto non è migliorata in modo significativo, e purtroppo un numero crescente di pazienti al momento della diagnosi già presenta metastasi epatiche”. L’individuazione di specifici bersagli molecolari può essere decisiva nel determinare il trattamento più idoneo per ogni paziente. “Diversi studi sono attualmente incentrati sulle cellule staminali tumorali, in quanto è stato dimostrato il loro coinvolgimento nel favorire la crescita tumorale e lo sviluppo di metastasi. Inoltre, le cellule staminali tumorali sono in genere altamente resistenti alla chemioterapia e possono di conseguenza essere responsabili della recidiva della malattia”, prosegue Lonardo. “Il nostro studio ha identificato una sottopopolazione di cellule staminali tumorali caratterizzata dalla elevata espressione della molecola di adesione L1cam. La co-espressione di tale fattore con il recettore Cxcr4, noto per favorire la migrazione delle cellule tumorali in organi distanti, incrementa il potenziale tumorigenico delle cellule staminali tumorali, rendendole altamente resistenti al trattamento chemioterapico e favorendo l’insorgenza di metastasi, in particolare nel fegato”.
I ricercatori hanno inoltre identificato alcuni meccanismi molecolari alla base della elevata co-espressione di questi marcatori. Essi risultano assenti nelle cellule del colon normale, mentre sono attivati in quelle tumorali che risiedono in un microambiente povero di ossigeno e in presenza della molecola Nodal. La presenza di entrambi i fattori (ipossia e Nodal) induce l’espressione di L1cam e Cxcr4, promuovendo così l’insorgenza di un fenotipo più aggressivo e meno responsivo alle terapie farmacologiche convenzionali. Lo studio si è avvalso dell’utilizzo di modelli cellulari tridimensionali, gli organoidi, derivanti da cellule tumorali di pazienti, che hanno permesso di riprodurre in laboratorio l’architettura e le caratteristiche biologiche essenziali dei tumori del colon-retto.
“Questa scoperta potrebbe permettere lo sviluppo di nuovi farmaci che agiscano in modo specifico sia attraverso la riduzione diretta dell’espressione dei due marcatori, sia in maniera indiretta sul microambiente tumorale, ad esempio aumentando l’ossigenazione della massa tumorale o modulando la via di segnalazione mediata da Nodal”, conclude Lonardo. “Tali nuovi approcci potrebbero avere importanti implicazioni cliniche, nel ridurre drasticamente il potenziale tumorigenico delle cellule e di conseguenza ridurre drasticamente la recidiva e la formazione di metastasi”.
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