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Fda: Ridurre l’utilizzo del placebo negli studi clinici oncologici
L’ente statunitense di recente ha presentato una bozza di linee guida secondo cui gli studi clinici controllati randomizzati per il trattamento di neoplasie ematologiche e malattie oncologiche, dovrebbero avere un disegno controllato con placebo solo in casi selezionati per via di problemi etici e pratici
di Redazione Aboutpharma Online 30 agosto 2018
D’ora in poi l’utilizzo del placebo in studi clinici oncologici potrebbe essere limitato a determinate circostanze. Almeno in America, dove la Fda di recente ha presentato una bozza di linee guida, rivolta alle aziende sponsor. L’ente statunitense dunque raccomanda che gli studi clinici controllati randomizzati per il trattamento di neoplasie ematologiche e malattie oncologiche, abbiano un disegno controllato con placebo solo in casi selezionati. Per esempio nell’eventualità in cui il gruppo di controllo riceva lo standard di cura, in cui si confronta un farmaco con lo stesso ma in associazione a un altro (add-on). O quando l’endpoint supporta un’indicazione molto soggettiva (ad esempio lo stato di salute riportato dai pazienti).
Placebo sì, ma con riserva
Nel caso in cui lo sponsor volesse ugualmente inserire l’utilizzo di un gruppo di controllo placebo, la Fda richiede che sia inserito un razionale per la progettazione dello studio. Così come una descrizione dettagliata nel protocollo e nel piano di analisi statistica, della proposta per lo studio in cieco e in aperto. “Se uno sponsor intende mantenere il trattamento in cieco – si legge nella bozza – quando la malattia si ripresenta o progredisce o si verifica un evento avverso sospetto, il documento di consenso informato deve specificare i rischi e i potenziali svantaggi di questo approccio. Il protocollo inoltre deve includere la giustificazione del potenziale rischio aggiuntivo”.
Problemi etici e pratici
Le motivazioni della Fda sono dunque prevalentemente di natura etica – perché si negherebbe una potenziale terapia salvavita – ma anche pratiche. Nel caso degli antitumorali infatti, uno studio in doppio-cieco (in cui anche gli operatori sanitari non sono al corrente del trattamento) potrebbe creare problemi al malato. Potrebbe per esempio far confondere i sintomi della malattia con gli effetti collaterali del farmaco, portando a errori nei trattamenti. “Per esempio – spiega la Fda – in uno studio di immunoterapia in cieco, un paziente incluso nel gruppo di controllo, che sviluppa eventi avversi può ricevere trattamenti non necessari per la gestione di eventi avversi attribuiti erroneamente al farmaco sperimentale”.
Rendere noto il trattamento se serve
Inoltre il mantenimento del cieco dopo la progressione della malattia potrebbe anche influenzare la successiva terapia del paziente. Per questo la Fda raccomanda che gli sponsor rendano noto il trattamento nel caso si manifestino recidive o vi sia progressione della malattia documentata: per garantire una gestione ottimale del paziente. Senza considerare che spesso si tratta di un doppio cieco in parte falsato. Nel caso di farmaci così importanti infatti, gli effetti collaterali frequenti e spesso gravi, fanno capire ugualmente chi sta assumendo il trattamento.
Via libera ai commenti
La Fda raccomanda di svelare al paziente e allo sperimentatore quando il paziente ha un evento avverso che si sospetta essere correlato al farmaco sperimentale. Per il quale si sta prendendo in considerazione la gestione dell’evento avverso con uno o più farmaci con sostanziale tossicità o procedure invasive. In questi casi in aperto, il paziente non deve essere rimosso dal processo, sempre secondo la Fda. Al momento il documento redatto dalla Fda è aperto ai commenti.