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Medicina e Biologia

Medicina e Biologia

  • Fonte Le Scienze 31-10-2016

    Riparare il cervello col trapianto di neuroni


    Neuroni embrionali di topo impiantati in cervelli di animali adulti danneggiati sono in grado di svilupparsi in cellule anatomicamente e funzionalmente indistinguibili dalle cellule rimpiazzate. E' questo il risultato di un nuovo studio che lascia sperare per la sperimentazione di trattamenti su pazienti colpiti da ictus o da una malattia degenerativa


    Neuroni embrionali trapiantati in cervelli di topi adulti possono aiutare a ricostruire circuiti cerebrali danneggiati e a recuperare la funzionalità neuronale. È questo il risultato illustrato in un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” da Mark Hübener del Max-Planck-Institut per la Neurobiologia a Martinsried, in Germania, e colleghi di diversi istituti di ricerca tedeschi.

    Il cervello è un organo dotato di funzionalità straordinarie, ma ha una capacità di autoriparazione molto limitata. Per questo motivo, molti laboratori di neuroscienze hanno avviato ricerche nel campo dei trapianti neurali, per  verificare se è possibile riparare con un impianto di cellule i tessuti cerebrali danneggiati, per esempio a causa di un ictus ischemico o emorragico, o di una malattia degenerativa come il Parkinson.

    Riparare il cervello col trapianto di neuroni
    Microscansione cerebrale che illustra i risultati dello studio: i neuroni embrionali (in rosso) si collegano ai neurono naturali (in nero) (Credit: Sofia Grade)

    Finora sono stati ottenuti risultati incoraggianti proprio nella malattia di Parkinson grazie all'impianto di cellule embrionali prelevate dal mesencefalo, la seconda delle tre vescicole in cui si differenzia il tubo neurale nelle prime fasi di sviluppo del sistema nervoso, e impiantate nella regione cerebrale dello striato.

    L'analisi dei tessuti ha mostrato in questi casi che i neuroni trapiantati sviluppano proiezioni sinaptiche per collegarsi con altri neuroni. Ma si sa molto poco degli input che i neuroni impiantati ricevono dai neuroni naturali. Inoltre, non è ancora chiaro quanto le nuove cellule debbano essere simili a quelle da sostituire.

    Magdalena Götz, Mark Hübener e colleghi hanno utilizzato sofisticate tecniche di imaging cerebrale per seguire in alcuni topi adulti lo sviluppo di neuroni embrionali trapiantati in una porzione danneggiata della corteccia visiva – la regione cerebrale che elabora le informazioni che provengono dagli occhi.

    Le cellule trapiantate hanno subito iniziato a sviluppare proiezioni e nell'arco di quattro settimane sono risultate molto simili alle cellule neuronali adulte del resto della corteccia visiva. Dopo 2-3 mesi, i neuroni trapiantati erano pienamente integrati, con proprietà anatomiche e funzionali indistinguibili dalle quelle delle cellule corticali mancanti. Un aspetto particolarmente importante è che le cellule trapiantate hanno stabilito connessioni con le cellule ospiti, ed erano in grado di ricevere segnali elettrici da altre parti del cervello, rispondendo agli stimoli visivi.

    I risultati appaiono estremamente interessanti poiché la riparazione avviene in cervelli di adulti che non possono incorporare nuovi neuroni. Questa scoperta indica che anche nel cervello adulto sono ancora presenti dei meccanismi biomolecolari in grado di guidare il corretto sviluppo di nuovi neuroni che possono essere riattivati dopo un danno tissutale. Complessivamente, i risultati dimostrano che i neuroni embrionali trapiantati possono raggiungere un elevato livello di funzionalità, promettente per le future sperimentazioni sugli esseri umani.


    Fonte Le Scienze
    URL http://www.lescienze.it/news/2016/10/31/news/riparazione_cervello_neuroni_embrionali_trapiantati-3291939/

  • Fonte: Cordis 26-10-16

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    FP7

    MOLMECHSNKTOX Risultato in breve

    Project ID: 300376
    Finanziato nell'ambito di: FP7-PEOPLE
    Paese: Svezia

    I meccanismi molecolari dell’immunodeficienza

    Un vasto numero di sindromi di immunodeficienza (IS) presenta manifestazioni cliniche di autoimmunità. La diminuita capacità di sopprimere le infezioni potrebbe essere la causa dell’autoimmunità, attraverso una perpetua attivazione del sistema immunitario.
    I meccanismi molecolari dell’immunodeficienza© Shutterstock
    Numerose malattie rare sono caratterizzate da una superiore suscettibilità alle infezioni, dall’infanzia in poi. Tali IS primarie sono generalmente ereditarie e sono anche denominate immunodeficienze congenite.

    Lo studio delle IS (linfoistiocitosi emofagocitica familiare e sindrome di Griscelli) hanno rivelato il ruolo essenziale dei componenti delle famiglie di proteine che regolano il traffico vescicolare e la fusione delle membrane. Le mutazioni con perdita di funzione in tali proteine hanno reso le cellule natural killer (NK) e le cellule T CD8+ incapaci di sopprimere l’infezione, determinando una condizione medica simile alla sepsi, potenzialmente fatale. Non si comprende ancora a fondo il preciso funzionamento di tali proteine nel rilascio di granuli.

    Il progetto MOLMECHSNKTOX (Molecular mechanisms of natural killer cell cytotoxicity), finanziato dall’UE, si proponeva l’obiettivo di studiare le cascate di trasduzione del segnale a livello presinaptico, che conducono all’esocitosi delle cellule NK, e gli eventi sub-cellulari che portano al rilascio di granuli. In questo studio, i ricercatori hanno adottato un approccio interdisciplinare, avvalendosi di competenze d’avanguardia in biologia cellulare, immunologia e proteomica.

    Finora, sono stati identificati solo alcuni geni causativi di IS, mentre la maggior parte dei casi clinici resta senza spiegazione. Le conoscenze acquisiste nello studio corrente hanno contribuito notevolmente a comprendere i complessi meccanismi molecolari implicati nell’esocitosi di granuli litici di cellule NK. Tali scoperte agevolano la diagnosi e il trattamento di pazienti affetti da diverse IS.

    Informazioni correlate 

    Sintesi della relazione


    Fonte cordis.europa.eu
    URL http://cordis.europa.eu/result/rcn/188713_it.html

     

     

  • Farmaci malattie rare, profitti esagerati?

    di Maurizio Paganelli

    Mentre a Milano si è appena concluso un incontro dedicato all'importanza dell'associazionismo nelle malattie rare (“Quando l’unione fa la forza": promosso dall'Associazione Onlus “Un Respiro di Speranza” sulla fibrosi polmonare idiopatica) su PlosOne appare un interessante articolo sulplos mercato e gli interessi che ruotano proprio intorno alle "Orphan drugs" (farmaci orfani), i medicinali per le malattie rare. Si parla quindi di vari e consistenti incentivi economici e di facilitazioni accordate dai governi alle imprese, tra cui brevetti della durata di 10 anni. Occorre subito dire che una malattia è considerata rara "quando la sua prevalenza, intesa come il numero di caso presenti su una data popolazione, non supera (...) 5 casi su 10.000 persone. Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla tra le 7.000 e le 8.000..."(fonte Ossevatorio Malattie Rare). E' ovvio e ragionevole che incentivi governativi siano essenziali per la ricerca e per convincere i privati ad investire su medicinali, spesso salvavita, che hanno uno scarsissimo mercato.

    Ma la nuova ricerca (Bangor University e università di Liverpool), punta i riflettori sugli enormi profitti, sulla politica degli incentivi e sugli alti prezzi di questi farmaci. Così lo studio scopre che le aziende che investono nei farmaci orfani sono 5 volte più redditizie delle altre farmaceutiche e hanno un valore di mercato più alto del 15%. Lo studio ha analizzato le performance di 86 aziende che producono circa 200 farmaci orfani comparate con 258 aziende che non producono farmaci orfani. Scrive Dyfrig Hughes, professore di farmacoeconomia del Centre for Health Economics & Medicines Evaluation alla Bangor University's School of Healthcare Sciences: "Il nostro lavoro conferma precedenti preoccupazioni intorno ad aziende che fanno profitti eccessivi e lo fanno fissando prezzi molto alti per le terapie delle malattie rare". Vengono fatti alcuni esempi: per la fibrosi cistica, approvato nel 2015 in Italia per 9 specifiche mutazioni genetiche, il Kalydeco (Ivacaftor della Vertex, azienda Usa che ha solo questo medicinale approvato) costa in Gran Bretagna 14mila sterline (16 mila euro) a paziente ogni mese. Tra i 10 farmaci più costosi nel mondo, e solirisconsiderato il più costoso, c'è un farmaco orfano come il Soliris (eculizumab, un anticorpo monoclonale, quasi l'unico prodotto dell'azienda Alexion con base negli Usa) che ha un costo di 340,000 sterline (più di 380mila euro) per paziente ad anno che è indicato per due forme rare di malattie, emoglobinuria parossistica notturna, EPN e sindrome emolitico uremica atipica, SEUa. Sul Soliris vi sono da tempo contestazioni e iniziative anche degli Stati di rompere il monopolio brevettuale o abbassare i prezzi rimborsati (vedi il Canada e l'Olanda). In Italia i costi sono, a fiala, tra i 4600 e i 7500 euro (prezzo al pubblico) e il costo a paziente/anno non si discosta dai 380 mila euro. Questo farmaco, il cui brevetto scade nel 2017, ha generato "un fatturato di più di 6 miliardi di dollari nell’arco degli ultimi otto anni". L'intero mercato globale dei farmaci orfani si prevede raggiungerà entro il 2020 la cifra di 144 miliardi di sterline (166 miliardi di euro). "Esiste un preoccupante trend di escalation dei prezzi per i farmaci orfani", sottolinea Hughes, "mentre ci si può attendere prezzi più alti del normale, le nostre conclusioni mostrano che le aziende stanno guardando ai farmaci orfani come una vera opportunità di profitto. Allo stesso modo gli investitori, come mostra il più alto valore nel mercato azionario delle aziende di farmaci per malattie rare", conclude l'esperto. dollarifarmaVarie le raccomandazioni alla fine dello studio: "cambiare la politica degli incentivi, chiarire la definizione di "farmaco orfano"  e fare una distinzione tra medicinali per malattie rare e quelli che potenzialmente salvavita, differenziare tra farmaci per una sola specifica condizione (spesso per ultra rare malattie ereditarie) e quelle utilizzabili per varie malattie". Maggiore attenzione andrebbe poi data al rapporto costo-beneficio, non sempre chiaramente e sempre rispettato.

     

     

     


    Fonte apiccoledosi.blogautore.repubblica.it
    URL http://apiccoledosi.blogautore.repubblica.it/2016/10/24/farmaci-malattie-rare-profitti-esagerati/

  •  Percorso: ANSA > Salute e Benessere > Medicina > Lanciato progetto per 'Atlante cellule umane'

     

    Lanciato progetto per 'Atlante cellule umane'

    Mappare ogni cellula, iniziativa scienziati Usa e inglesi

    18 ottobre 2016, 12:34
    Una foto di archivio mostra le immagini al microscopio di cellule staminali adulte isolate per la prima volta dal cuore umano e, successivamente trattate in laboratorio Una foto di archivio mostra le immagini al microscopio di cellule staminali adulte
    isolate per la prima volta dal cuore umano e, successivamente trattate in laboratorio

     

    WASHINGTON - Mappare ogni cellula dell'organismo umano per capire la funzione e la forma di ogni cellula sana all'interno dei vari organi, e di conseguenza i meccanismi di sviluppo delle malattie: è questa l'ambiziosa iniziativa globale lanciata in una collaborazione anglo-americana, che vede coinvolti in primo piano il 'Sanger Institute' britannico, il 'Massachussetts Institute of Technology' (MIT) e Harvard.